lunedì 27 luglio 2015

Tempi glaciali

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Tempi glaciali

Autore: Fred Vargas.
Genere: drammatico, poliziesco.

Il tanto atteso ritorno del Commissario Adamsberg.

L'Autrice, già molto nota al pubblico ripropone il suo personaggio più famoso.

L'antefatto è una lettera, spedita da una signora molto anziana che malgrado si senta ormai prossima alla dipartita non può fare a meno di inviare.

Sarà quella missiva a scatenare una serie di apparenti suicidi il primo dei quali riguarda proprio la mittente.

Una simulazione che non sfugge ad Adamsberg e alla sua squadra, complice la scoperta di un simbolo vicino ai cadaveri che, uno dopo l'altro, sembrano rivelare un enigma.

Forse un fatto di sangue accaduto anni addietro in una sperduta isola dell'Islanda o magari una cospirazione che coinvolge gli eredi della rivoluzione francese e del periodo noto come del «terrore»?

Interrogativi che porteranno il Commissario ad indagare tra presente e passato, in una tenuta di campagna dove forse si cela la verità o magari tutto è un grande equivoco sotto forma di inganno.

L'uomo era stato ucciso nella sua cucina, trasformata in un lago di sangue, e ora coperta dalle passerelle per farci camminare gli agenti. La scientifica era già passata, stavano portando via il cadavere con difficoltà. La vittima era piccola, ma grassa e pesante, e i guanti scivolavano sulla vestaglia insanguinata”. Tratto da “Tempi glaciali” di Fred Vargas, ed. Einaudi.

Come sempre la centralità appartiene ai personaggi che si sviluppano attorno al Commissario il quale non perde il suo aplomb un pò anarchico nel pensiero: cupo quanto basta da rifiutare il confronto (men che mai libero) con coloro che gli ruotano attorno e se il suo sguardo indagatore giudica tanto quanto riflette sugli dettagli, la mente spesso divaga preda della noia e complice di una volontà sorniona.

Adamsberg si era un po' allontanato dal gruppo e camminava in tondo, con le mani dietro la schiena, calciando la ghiaia davanti a sé. Attenzione, ricordò, a furia di girare in tondo si affonda nella terra come una vite”. Tratto da “Tempi glaciali” di Fred Vargas, ed. Einaudi.

Il mondo di Adamsberg è una visione caleidoscopica di stereotipi stravaganti, la cui irritualità annida in un pizzico di ironia ma anche nel celebre umorismo del contrario Pirandelliano.

Se osservati esteriormente questi soggetti sembrano fuoriusciti dal mondo di «Alice nel paese delle meraviglie», un pò come i celebri non - compleanni, ma se avviciniamo lo sguardo, come una lente d'ingrandimento, scopriremo che il loro microcosmo di relazioni (e preclusioni) sociali è sensibile tanto quanto lo è quello di chiunque altro.

E allora lo «strano» diventa qualcosa di più prossimo all'atipico ma ugualmente empatico sotto il profilo esistenziale.

Il lettore quindi pur non potendosi immedesimare beneficerà di una percezione extrasensoriale che permea la cifra letterarie dell'Autrice.

I denti di leone, pensò, sono i poveri della società dei fiori, nessuno li rispetta, vengono calpestati o dati da mangiare ai conigli. Mentre nessuno si sognerebbe di calpestare una rosa. E ancor meno di darla ai conigli. Tutti tacquero per un momento, divisi fra l'impazienza del nuovo giudice e il malumore d commissario”. Tratto da “Tempi glaciali” di Fred Vargas, ed. Einaudi.

Piccole scelte che sembrano un domino destinato a scatenare grandi eventi. E la coincidenza artistica tra il piccolo ed il grande è probabilmente la miglior spiegazione alla crescita catartica che si sviluppa dalla prima all'ultima pagina.

Fred Vargas non opera alcuna traslazione di concetti, ma ne propone la loro crescita con un tenore inalterato.

Questo, a mio parere può non contentare tutti i lettori.

Alcuni infatti identificheranno il microcosmo dell'Autrice come un luogo dove ci sono troppe regole prefissate: il lettore o le accetta o è fuori.

Sono sempre stato favorevole a un «do ut des» tra chi legge e chi scrive.

In questo caso non ve n'è traccia.

Naturalmente parliamo di uno stile espositivo di straordinaria efficacia narrativa che stimola peraltro una piacevole digressione fantasiosa. C'è un chè di evidentemente fiabesco nel comportamento di molti personaggi che parte dal lato oscuro dei Fratelli Grimm, passa dal nostalgico Hans Christian Andersen e finisce con l'esistenziale di Antoine de Saint-Exupéry.

La sofisticazione paratattica orizzontale crea un alternanza di periodi narrativi.

Il concetto di base viene sviluppato a volte in una lungaggine di pagine che sono autogestite quasi in termini occupazionali dal dialogo come elemento di rigore e ordine. L'Autrice ci dice in buona sostanza che non c'è niente di più chiaro da identificare se non il caos.

Una volta compreso questo concetto il lettore potrà facilmente capire perchè a volte si insegue il medesimo archetipo per così tante righe.

Viceversa, i fautori della sterilizzazione paratattica, cioè quella essenziale e limitativa oltre che delimitativa non gradiranno. Tuttavia, coloro che non amano i periodi troppo prolissi e preferiscono il telegrafico pur senza rinunciare ad un approfondimento che gira intorno agli aneddoti (come un Magellano della carta stampata) resteranno ugualmente soddisfatti.

Il finale è una messa in scena dove il teatro sconfina nella realtà e dove questi personaggi in cerca d'Autore raccontano la loro verità e Adamsberg è in realtà meno protagonista e più osservatore. L'ascoltatore partecipe, quasi testimone epistolare, ecco colui che li traghetta dalla nebbia della loro (in)esistenza al verbo della narrazione (che è poi una parabola della loro vita - esistenza seppure in qualche centinaio di pagine).

Quattordici sospetti. Meno quattro, fatti fuori. Ne restano dieci, più altri 700 circa. Tutti spettacolari, venuti da un altro secolo, ma nemmeno uno che offra la minima presa”. Tratto da “Tempi glaciali” di Fred Vargas, ed. Einaudi.

Si passa dal presente al passato conclusivo e rivelatore. Quel che resta non appartiene più allo sviluppo in sè: è già un altra storia. Per il domani che verrà.

«Tempi glaciali» segna il ritorno del Commissario Adambserg e del suo mondo fuori dal comune. Un indagine come sempre affascinante, ricchissima di amabili spunti creativi tra il probabilistico e l'inverosimile. Personaggi da conoscere e apprezzare per un viaggio in un giallo trasformista e carico di accattivanti sviluppi.

Consigliato.

Marco Solferini
Parola di Marco Solferini.
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venerdì 17 luglio 2015

La porta delle tenebre

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La porta delle tenebre

Autore: Glenn Cooper.
Genere: fantastico, azione.

A un anno di distanza esce l'atteso seguito di «Dannati» a firma di uno degli scrittori più noti e celebrati del momento.

Avevamo lasciato il team del MAAC alle prese con una nuova sparizione. Un gruppo di persone ignare degli effetti dell'acceleratore di particelle è stato trasportato nell'Oltre cioè nel temibile Inferno che abbiamo imparato a conoscere nel primo romanzo di questa saga.

Non solo, ma anche la sorella della Dott.ssa Loughty è stata teleportata via insieme ai due bambini e alla loro tata.

Due gruppi di viventi quindi che hanno lasciato il posto ad altrettanti dannati.

Fra questi quattro spietati erranti: i cannibili senza pietà che infestano l'inferno e che adesso si aggirano a piede libero nei dintorni di Londra seminando morte e violenza.

Immediatamente, un unità di crisi viene costituita con lo scopo di ritrovare gli «evasi» e nell'arco di un mese riportarli da dove vengono. Una nuova riaccensione dell'acceleratore infatti viene studiata per chiudere definitivamente il portale tra i due mondi e nel mentre una missione di recupero prende il via.

A capitanarla è John Camp rimessosi dalle ferite della prima infernale trasferta, insieme con la fidanzata Emily Loughty anche lei reduce dall'Oltre unitamente a Trevor dei corpi speciali e Brian esperto di tecniche di combattimento medioevali.

Pronti a tutto pur di riportare indietro gli umani.

Ma l'Inferno è come lo hanno lasciato. Un medioevo atroce di perdizione e violenza, dove la vita non conta niente e la speranza è morta insieme con la vita. Un luogo afflitto da perenni guerre dove spietati rè si affrontano sullo scenario globale inseguendo un idea di dominio mondiale, mentre ovunque c'è miseria e morte. Nei villaggi e nelle foreste, in ogni dove non v'è attimo in cui un dannato non corra il rischio di essere massacrato, violentato, scannato o rinchiuso nelle celle di putrefazione.

«Tapparsi il naso non era stato sufficiente, per non perdere i sensi aveva dovuto trattenere il fiato. Eppure ciò che aveva visto e udito lo aveva comunque messo a dura prova. La cella di putrefazione era stipata di corpi decomposti ma vivi. Grida e gemiti strazianti si levavano a ogni punto di quella stanza raccapricciante. Il pavimento era ricoperto da un massa di carne liquefatta; centinaia di braccia e gambe si muovevano lentamente tra quei putridi scarti di umanità; volti deformati e disfatti si contorcevano in un eterna agonia». Tratto da «La porta delle tenebre», seguito di «Dannati» di Glenn Cooper, ed. Nord.

Riuscirà il coraggioso team di John Camp a sopravvivere una seconda volta a questo incredibile scenario?

Ritroviamo vecchi amici e nemici. La storia dell'Inferno non è mai stata così in bilico come adesso e mentre sulla Terra è in corso una caccia senza tregua ai fuggitivi, alcune anime disperate cercano un riscatto a quello che hanno fatto prima di morire. A quelle colpe che li hanno condannati all'eternità nell'Oltre.

Azione, avventura e fantasia. Il tutto con un gran ritmo narrativo.

Glenn Cooper non tradisce le attese e mette a segno un grandioso seguito.

«Guardando l'altro lato della palestra, Emily cercava di capire a che punto fossero le operazioni di accensione. La temperatura dei venticinquemila magneti era scesa a 1,7K a seguito del pompaggio dell'elio superfluido. A quella temperatura , i magneti diventavano superconduttori ed erano in grado di piegare i fasci di protoni nel tunnel di centottanta chilometri che correva attorno all'area di Londra. Il conto alla rovescia verso la piena potenza del sincrotrone stava procedendo senza intoppi». Tratto da «La porta delle tenebre», seguito di «Dannati» di Glenn Cooper, ed. Nord.

In questo secondo romanzo della serie «Dannati» vengono approfonditi alcuni protagonisti storici dell'Oltre. Tra cui quei grandi rè che la storia ci ha consegnato, come Enrico VIII o i comandanti coraggiosi quali Garibaldi. Ancora una volta facendoli parlare, muovere e pensare.

Il lettore ritroverà soggetti d'eccezione come Cromwell, Fourneau e Caravaggio in una teatralità a tutto campo che celebra la narrazione fantastica e la fantasia espositiva di questo straordinario Autore.

Il coraggio, la perseveranza e la tenacia degli eroi che esportano la loro lealtà e un codice d'onore quasi epico in una terra dove non esiste quartiere e l'unico ideale è la legge della violenza rappresentano una sfida ai gironi infernali di questo mondo perduto.

«Le sei vittime visibili non erano state semplicemente uccise; neppure il termine «macellate» sembrava adatto a descrivere quello scempio, dal momento che i macellai sono metodici e determinati nel loro lavoro. Quegli uomini erano stati sventrati, pugnalati e smembrati da bestie in preda a una frenesia omicida apparentemente sfrenata, che implicava quasi un sadismo orgiastico». Tratto da «La porta delle tenebre», seguito di «Dannati» di Glenn Cooper, ed. Nord.

Nel mentre, sulla terra si consuma un poliziesco con tonalità da thriller dove tra alta tecnologia da parte dei servizi segreti si svolge un indagine senza senza tregua e una caccia all'uomo da parte di un inedito team up formato da dannati e agenti speciali per fermare i macabri e spietati erranti.

Ottime caratterizzazioni dei personaggi. Tutti saggiamente e sapientemente amalgamati tra loro per mantenere alta la tensione. Un climax che nei romanzi di Cooper perdura in molti capitoli e in quello che è un susseguirsi di colpi di scena.

«Un istante prima che un potente fendente lo decapitasse, Trevor vide un braccio mozzato cadergli ai piedi e, alle spalle del soldato mutilato, Brian che brandiva una lama insanguinata». Tratto da «La porta delle tenebre», seguito di «Dannati» di Glenn Cooper, ed. Nord.

Approfondita e più meticolosa l'illustrazione dello scenario fantastico. Siamo in presenza di un medioevo come nel primo capitolo della serie, ma anche di una parentesi temporale in grado di mescolare tra loro quel che residua della tecnologia e l'inevitabile affossamento della civiltà.

In questo mix l'elemento geniale annida proprio nella consapevolezza dei ricordi che i dannati hanno di quel che hanno lasciato e nella certezza di non essere in grado di recuperarlo (o ripararlo). L'evoluzione che si è fermata e ha fagocitato, come un vortice, ogni persona che proviene dal passato più remoto o da quello recente, rappresenta uno spunto creativo credibile e funzionale.

In questo contesto doni preziosi diventano i libri. Veicoli del sapere. Mentre i bambini sono quello che all'Inferno non può esistere e che squarcia i ricordi di menti tormentate.

L'Autore è bravissimo a giocare sul tasso di empatia che il lettore sentirà e percepirà concretamente venendo così trascinato in una narrazione tra l'Oltre e la Terra. Capitoli rapidi, di facile comprensione, ottimi coprotagonisti. Intrighi, segreti, azione e avventura.

«John raccolse il pugnale, lo soppesò in una mano e lo scagliò con forza. La lama roteò diverse volte prima di conficcarsi in profondità nella schiena del duca». Tratto da «La porta delle tenebre», seguito di «Dannati» di Glenn Cooper, ed. Nord.

«La porta delle tenebre» è l'ultimo straordinario romanzo di Glenn Cooper. Un mix di avventura in uno scenario fantastico che apre letteralmente le porte dell'Inferno ai lettori appassionandoli dalla prima all'ultima pagina in un viaggio senza eguali.

Consigliato a tutti i lettori. Guai a voi se ve ne andate in vacanza senza portarvi una copia di questo libro (dopo aver letto il suo antecedente: «Dannati»).

Parola di Marco Solferini.
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martedì 7 luglio 2015

Dimmi che credi al destino

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Dimmi che credi al destino

Autore: Luca Bianchini.
Genere: drammatico, sentimentale.

Ornella è una donna matura che lavora in una libreria di Londra. Testi italiani per appassionati oltremanica della cultura e della lingua del BelPaese

Insieme a lei c'è Clara che funge da assistente un pò ipercritica e spesso imbronciata.

Sono tempi duri per gli amici di carta a causa della crisi e la libreria dopo un periodo difficile sembra destinata a chiudere definitivamente.

Ornella vive il suo presente preda dell'angoscia per un passato difficile a causa di un marito inaffidabile che fu preda del dramma della tossicodipendenza e oggi sopravvive tra la vita e la morte. Per questa ragione lei cerca rifugio nel suo personale microcosmo di vita quotidiana.

In questo arcipelago di abitudini altamente selezionate e custodite nel mallo della riservatezza incontriamo un distinto signore inglese con il quale Ornella divide la panchina ai giardini pubblici e il suo vicino di casa, il Sig. Bertrand, che sembra nutrire per lei un interesse ben oltre la semplice conoscenza.

Poi c'è Diego, un giovane napoletano ex ragioniere presso una cooperativa fallita, con alle spalle un amore indimenticato per Carmine lasciato insieme con l'Italia per quest'Inghilterra dove fa il barbiere.

L'ipotesi che la libreria chiuda rende tutto più difficile, a tratti insopportabile e Ornella ha bisogno di chiedere consiglio alla sua migliore amica: l'iperattiva Patti o meglio «la Patti» come dicono i milanesi.

E' lei la sua personale rivoluzione copernicana cui affida il colpo di genio per riscattare il triste destino che sembrerebbe attendere la libreria. Anche perchè forse la chiave per salvarla è proprio a pochi metri di distanza.. e si chiama Diego.

Ho letto questo romanzo con grande difficoltà.

Da un lato non posso esimermi dall'elogiare l'Autore per l'alta qualità del suo scritto.

Alcuni periodi sono straordinariamente poetici ed è riuscito a rappresentare in modo efficace, con un amabile quanto cordiale paratattica, la sintesi più espressiva degli stati d'animo.

Racconta le apatie di un evoluzione dell'individuo che corrisponde solo a tratti con la crescita anagrafica e spesso si scontra con quella interiore. Un rapporto con il proprio Io fatto di conflitti e conflittualità interiori.

«Le parole pronunciate di notte sembrano sempre più vicine alla verità». Tratto da «Dimmi che credi al destino» di Luca Bianchini, ed. Mondadori.

L'Autore scoperchia ciò che manca, quel che ci vincola. Riesce a narrare quel senso di oppressione che appartiene al passato irrisolto, che con il suo peso riesce a trascinarci nell'abisso di scelte obbligate tali da condizionare il futuro.

«Quando cambi radicalmente vita, hai due possibilità: o rimuovi il passato, e «prima» lo cancelli con tutte le tue forze fino a convincerti che non sia mai esistito, oppure fingi di non ricordarlo, ma ogni tanto, quando meno te lo aspetti, riappare». Tratto da «Dimmi che credi al destino» di Luca Bianchini, ed. Mondadori.

Il lettore incontrerà periodi squisitamente ben elaborati.

Il tasso di empatia nella focalizzazione soggettiva raggiunge livelli di straordinaria bellezza narrativa. Il risultato è la compostezza di un testo ben organizzato e lineare.

Nel contempo però, non posso fare a meno di rilevare alcuni limiti che, paradossalmente, mi hanno infastidito nel corso della lettura.

Anzitutto la trama. A mio avviso decisamente banale nel suo svolgimento.

Abbiano pazienza i librari, ma se la soluzione per tenere aperta una libreria in quel di Londra è assumere un giovane napoletano di bella presenza e con la parlata tipica partenopea dobbiamo riscrivere pagine di economia aziendale.

Ci voleva l'ex ragioniere per inventare la presentazione di un romanzo con un pò di tarallucci e vino?

E' una banalità inverosimile che peraltro svuota di spessore professionale gli impiegati storici della libreria in più occasioni tacciati di amare troppo i libri.

Ornella, la protagonista, ho avuto la sensazione sia stata creata per piacere ad un pubblico femminile maturo. Quello delle lettrici che vogliono sentirsi giovani dentro nella consapevolezza acquisita di non esserlo più fuori.

In tutta onestà la sua bellezza «mature» è un pò biascicata. E parecchio tirata per i capelli. Sembra più (al limite) un personaggio intrigante, ma di tal percezione non v'è traccia. Vien da chiedersi quanto sia realistico il fatto che lei faccia effetto su tutti gli uomini che le ruotano attorno.

Le sue manie, ossessioni, paranoie, luoghi comuni, guarda caso diventano un modo di essere. Una sorta di linguaggio innominato della sopravvivenza quotidiana. Per contrastare la solitudine, essere accettati attraverso il distinguo e mantenere sempre quell'area off limits del proprio Io dove si entra solo dopo aver chiesto permesso.

«Fu molto più bello di come entrambi lo avessero immaginato. Si baciarono per un tempo dilatato, che andava per conto suo». Tratto da «Dimmi che credi al destino» di Luca Bianchini, ed. Mondadori.

Le donne che si identificano con almeno un aspetto di questa Ornella inseguono uno stereotipo che forse trova giustificazione della carta stampata, ma è carente di spessore e personalità «vera» nell'ottica del realismo e del buon senso.

All'opposto, spesso, cercare di imporre il proprio modo di essere al mondo è la strada ottimale per vivere la sofferenza delle esclusioni. Nel romanzo succede l'opposto perchè è un opera di fantasia che ha lo scopo di piacere al lettore.

«Ornella guardò dentro la busta e ritrovò un piccolo disegno fatto solo a penna. C'era lei, seduta sulla sedia dell'ospedale, con gli occhi segnati e un sorriso indeciso. Aveva un fiorellino in testa e una chitarra al collo. Ornella alzò gli occhi al cielo e capì che aveva ricominciato a piovere». Tratto da «Dimmi che credi al destino» di Luca Bianchini, ed. Mondadori.

I continui riferimenti al cibo o meglio a cosa si mangia per pranzo, spuntino, cena e via dicendo sono evidentemente infilati a dovere perchè è noto che di questi tempi in tanti amano occuparsi di cucina. Se ne scrive e se ne legge di ogni.

Insomma, tutti questi elementi messi insieme come un bricolage letterario ci portano ad una commedia più drammatica che romantica. Nel senso che lo stile è quello di un ambientazione in una Londra da commedia all'americana, mentre il patema d'animo ricorda molto il carattere melenso della telenovela sudamericana.

In risultato è un enfasi smodata per l'emotività e una compassata quiete nei confronti degli eventi quasi come se questi fossero un banco di prova dove testare le proprie chance di sopravvivenza. Lo schema del romanzo è orizzontale.

Ho trovato fastidioso il rapporto della donna incompiuta con l'amica supergirl.

Quella che è «più» tutto e come tale ha la risposta per ogni accadimento.

Il rapporto con questa Patti è un esaltazione adolescenziale dell'intimità femminile deviata attraverso l'arretratezza di una delle due partecipanti al simposio platoniano dell'amicizia eterna.

Ma in realtà la Patti è una coperta di Linus, una stampella emotiva cui la donna incompiuta ritorna e alla quale fa riferimento più che nel momento del bisogno quando sente la necessità incondizionata di salvarsi da se stessa.

«Non è mai troppo tardi per gli eroi. Non si dimentichi che io ho fatto la guerra e so cosa vuol dire combattere. Tu puoi essere il tuo alleato, ma anche il tuo peggior nemico. Quindi la prima cosa da sconfiggere è la paura». Tratto da «Dimmi che credi al destino» di Luca Bianchini, ed. Mondadori.

Personalmente non l'ho gradito granchè, anche se dò atto del fatto che si tratta di una interpretazione personale figlia di un altrettanto personale impostazione di pensiero relativa alla costruzione di un personaggio femminile che ritengo così facendo diventa la celebrazione della debolezza interiore e dell'incapacità di accettarsi.

Il telegrafato happy end è chiaro fin dalle prime pagine.

Ci sono tante frasi efficaci che tengono insieme il romanzo e molto spesso propongono massime ed aforismi già noti. Il tutto però funziona. E forse la vera abilità espositiva a livello di cifra letteraria dell'Autore consiste proprio in questo.

«All'estero ogni gesto assume un significato più profondo, perchè la solitudine amplifica tutto, e avere qualcuno con cui chiacchierare dopo il lavoro può diventare la tua festa di compleanno». Tratto da «Dimmi che credi al destino» di Luca Bianchini, ed. Mondadori.

Se lo scrittore non fosse indiscutibilmente molto bravo assisteremmo ad un opera mediocre invece si tratta di un ottimo libro che potrà certamente piacere a un vasto pubblico di lettori.

«Dimmi se credi nel destino» è un romanzo ottimamente scritto. In esso ci sono spunti creativi straordinariamente ben elaborati ed amabilmente esposti. Il lettore più esigente si dovrà confrontare con alcuni stereotipi decidendo nella propria intimità se farseli piacere o meno.

Consigliato ad un pubblico che ama lasciarsi ammaliare dalle parole e pensa che gli stati d'animo si debbano condividere attraverso la carta stampata come frecce che colpiscono il bersaglio.

Marco Solferini.
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