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La rivista culturale: "Il Salotto degli Autori" ( http://www.ilsalottodegliautori.it ) edita dall'Associazione letteraria "Carta e Penna"
Quota
1222
Autore: Anne Holt
Genere:
Thriller
Un
treno deragliato in alta montagna.
200
passeggeri costretti a trovare rifugio in un albergo ad alta quota da
una bufera senza precedenti.
Fra
loro la protagonista Hanne Wilhelmsen, ex agente della polizia
norvegese, oggi costretta su di una sedia a rotelle da un tragico
fatto di sangue di molti anni prima.
Segregati
all'interno della struttura la convivenza non è delle più semplici
e tutto precipita quando vengono assassinati due preti protestanti.
Prima
il prete Cato Hammer, poi il suo collega Roar Hanson
Chi è
il misterioso assassino e quale movente lo spinge a colpire
nascondendosi fra i passeggeri?
Spetterà
alle capacità deduttive di indagine di Anne risolvere l'enigma
agendo con un improvvisato team composto dal maturo Geir Rugholmen un
sedicente soccorritore e il Dott. Strengun medico prestatosi a
svolgere le anamnesi più tipiche della medicina legale unitamente a
un giovane senzatetto, Adrien, di appena 15 anni.
Quale
mistero si nasconde dietro la morte dei due religiosi? Forse un
affarismo senza scrupoli che vede coinvolto il potente fondo statale
per la gestione dei beni ecclesiastici? O una vendetta di sangue che
arriva dal passato?
Un
giallo nella formula più classica che ci riporta ai celebri
scrittori come Agatha Christie o George Simenon.
Un
evento inaspettato crea condizioni ambigue dal punto di vista
sociologico.
La
costrizione nasce dallo stravolgendo dei ruoli che le classi sociali
attribuiscono. Alimentando un circolo vizioso fatto di
preconcettualità e sospetti.
La
sopravvivenza diventa a tratti affannosa perchè compressa tra
l'aspettativa e l'inusuale. Il «moderno» ci ha ormai abituati alla
razionalità di spiegazioni funzionali alla soluzione o alla
sopportazione del problema. Privando un gruppo di individui di questa
aspettativa li si riporta ad uno stato di civiltà antecedente.
L'elemento
inusuale invece è rappresentato da una tormenta. Talmente forte da
non avere precedenti e la cui possanza rasenta quasi il limite
dell'accettabile. La forza della natura mette spesso in discussione
le certezze acquisite dall'uomo. Ricordandoci che su questo pianeta
siamo ospiti (che si comportano in molti casi davvero male).
«Il
vento soffiava con tale intensità da far tintinnare i vetri, i
bicchieri e lo scatolame. A intervalli brevi e irregolari si
sentivano i tonfi e i colpi delle folate che si abbattevano sui muri,
come se gli dei del tempo volessero convincerci che alla fine, dopo i
tanti inverni tempestosi tipici dell'alta montagna, sarebbe stato
possibile abbattere quella costruzione». Tratto da «Quota
1222« di Anne Holt, ed. Einaudi.
Il
protagonista è un eroina riluttante che vive il dramma della
disabilità creandosi un microcosmo personale di convinzioni e
abitudini. La sua personalissima regressione antropologica si basa
sulla constatazione evidente di come le aspettative emotive siano un
perpetuo riciclaggio di ciò che è lecito aspettarsi da un disabile.
Come pure di quel comportamento da tenere nei sui confronti. Un luogo
comune, a ben guardare, che tuttavia è da molti sentito quasi come
un codice cavalleresco.
Il
peso di questa recita la trascina in un limbo in cui i rapporti umani
sono del tutto superflui stante la loro fin troppo scontata
evoluzione.
Per
questa ragione ella soffre di un moto di rigetto che la spinge a
somatizzare e ad esternare alcune crudeltà approfittandosi di una
legittimazione che deriva dall'essere portatrice di un handicap.
La sua
dimensione personale entra in netto conflitto con la necessità
impellente di risolvere una situazione drammatica e potenzialmente
esplosiva prima ancora che individuare un assassino.
L'indagine
si svolge secondo contenuti filo deduttivi
Ovviamente
privata della tecnologia giacchè manca una polizia scientifica. E la
bufera isola i partecipanti a questa forzata comunione privandoli
delle facilitazioni tipiche dell'era della comunicazione. Quel che
resta è l'artigianale capacità di indagare.
«A
pensarci, la combinazione di tanti norvegesi costretti in albergo
sarebbe potuta sfociare prima o poi in un crimine». Tratto da
«Quota 1222« di Anne Holt, ed. Einaudi.
Ho
trovato interessante un punto che l'Autrice più volte sfiora
purtroppo senza approfondirlo come a mio parere avrebbe meritato. La
tecnologia non è solo fruizione on demand di un servizio, ma è
anche la disperata ricerca di una società umanamente fredda di
sentirsi più vicini gli uni con gli altri. Rappresenta cioè nel
contempo sia lo stereotipo che il paradosso di una situazione la cui
tollerabilità ha trasformato gli orpelli tecnologici in vere e
proprie coperte di Linus.
Avrei
approfondito questo aspetto. Nella sua privazione quale contorno alle
indagini. La scrittrice invece sembra più interessata a sfruttarlo
per legittimare determinate scelte. A scopo quindi di semplice
credibilità narrativa.
I
crismi propri dell'osservazione e della deduzione diventano le
principali armi per approfondire gli aneddoti. Il particolare assume
rilevanza in rapporto alla ricostruzione dei fatti e come tale si
inserisce, con la formula tipica del pezzo di un puzzle nel più
grande disegno che l'indagatore è costretto a ricreare. Per isolare
il comportamento deviante dell'assassino.
«Il
movente è il buco nella serratura dell'atto criminale». Tratto
da «Quota 1222« di Anne Holt, ed. Einaudi.
E'
facile in questi casi fare paragoni con il grande Sir. Arthur Conan
Doyle nel suo affrescare l'indagine come un pittore che concepisce
l'opera sua pennello alla mano.
L'Autrice
è brava nel costruire passo dopo passo un vero e proprio percorso
prima di tutto ambientale, dal punto di vista oggettivo, per poi
spostare la focalizzazione narrativa al soggettivo.
«Che
Cato Hammer e Roar Hanson fossero stati uccisi da due colpevoli
diversi era improbabile. Era anche vero che i metodi e le circostanze
erano molto diversi, quindi poteva darsi che mi sbagliassi. Eppure i
collegamenti tra le due vittime erano così numerosi che io, almeno
al momento, restavo convinta che si trattasse dello stesso
colpevole». Tratto da «Quota 1222« di Hanne Holt, ed.
Einaudi.
Centralizzando
la natura dei coprotagonisti. Ciascuno dei quali diventa un
potenziale indagabile vuoi per il suo comportamento o per le sue
convinzioni oppure per questioni molto più facilmente spendibili
quali sono i segreti di cui ciascuno è portatore sano.
Il
ruolo dell'ambiguità in un giallo è da sempre utilizzato come un
fumogeno per annebbiare e dilatare i confini del riconoscibile.
Alimenta cioè la tensione.
Ma
attenzione, quando la si utilizza indirizzandola come fumo negli
occhi del lettore, per cioè distrarlo in modo colpevole e quindi
pretendere da questo che non arrivi a conoscere con anticipo il piano
criminoso diventa difficile da digerire.
Lo si
evince purtroppo dal ruolo troppo telegrafato che questi potenziali
sospetti sono chiamati a recitare uno dopo l'altro nella percorrenza
delle pagine. Incontriamo l'antipatica iraconda, il misterioso
sedentario e un pò schivo, il burlone intelligenti.. Si sa bene che
nella scrittura creativa si insegna come il binomio crea un
coprotagonista facile da gestire, spiegare e nel contempo funzionale
alla trama.
Chi è
di «bocca buona» pretende però di più.
Anche
perchè il gran finale può non essere così spettacolare.
In
questo romanzo della pur bravissima Anne Holt il cui stile è sempre
apprezzabile c'è una intrigante ambientazione. Molto appassionante e
per tanti versi accattivante. Specialmente per chi apprezza gli
ambiti più «glaciali». Ma nel contempo ci sono degli archetipi a
livello strutturale, per quanto concerne l'esposizione della trama,
che denotano alcuni limiti narrativi.
I
personaggi principali sono necessari a questa impostazione?
Ciascuno
funzionalizza una trentina di pagine in media complessivamente
aggiuntive rispetto alla narrazione di base che rappresenta anche il
corpus del romanzo giallo. Orbene avrei «sfoltito» il bandolo della
matassa rendendolo più rapidamente fruibile al lettore e meno
sperimentale.
La
sensazione infatti è che a parte la ormai nota genialità nello
stile pulito e diligentemente organizzato di questa sicuramente
bravissima scrittrice la stesura di questo romanzo sia più una sorta
di intermezzo basato sull'idea concettuale di volersi confrontare con
un giallo con uno stile più classico.
«Quota
1222« è un buon romanzo. Ma nulla di più che nella media. Una
storia sicuramente interessante
e appassionante per gli amanti del giallo che non conosca l'eccesso
della presenza tecnologica. Sicuramente apprezzato maggiormente da
coloro che amano le ambientazioni nel freddo, nella neve, nel rifugio
dalla tormenta.
Una
piacevole lettura consigliata però solo agli amanti del genere ben
avvertiti di non aspettarsi troppo.
Marco
Solferini
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