martedì 14 aprile 2015

Quota 1222


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Quota 1222

Autore: Anne Holt
Genere: Thriller

Un treno deragliato in alta montagna.

200 passeggeri costretti a trovare rifugio in un albergo ad alta quota da una bufera senza precedenti.

Fra loro la protagonista Hanne Wilhelmsen, ex agente della polizia norvegese, oggi costretta su di una sedia a rotelle da un tragico fatto di sangue di molti anni prima.

Segregati all'interno della struttura la convivenza non è delle più semplici e tutto precipita quando vengono assassinati due preti protestanti.

Prima il prete Cato Hammer, poi il suo collega Roar Hanson

Chi è il misterioso assassino e quale movente lo spinge a colpire nascondendosi fra i passeggeri?

Spetterà alle capacità deduttive di indagine di Anne risolvere l'enigma agendo con un improvvisato team composto dal maturo Geir Rugholmen un sedicente soccorritore e il Dott. Strengun medico prestatosi a svolgere le anamnesi più tipiche della medicina legale unitamente a un giovane senzatetto, Adrien, di appena 15 anni.

Quale mistero si nasconde dietro la morte dei due religiosi? Forse un affarismo senza scrupoli che vede coinvolto il potente fondo statale per la gestione dei beni ecclesiastici? O una vendetta di sangue che arriva dal passato?

Un giallo nella formula più classica che ci riporta ai celebri scrittori come Agatha Christie o George Simenon.

Un evento inaspettato crea condizioni ambigue dal punto di vista sociologico.

La costrizione nasce dallo stravolgendo dei ruoli che le classi sociali attribuiscono. Alimentando un circolo vizioso fatto di preconcettualità e sospetti.

La sopravvivenza diventa a tratti affannosa perchè compressa tra l'aspettativa e l'inusuale. Il «moderno» ci ha ormai abituati alla razionalità di spiegazioni funzionali alla soluzione o alla sopportazione del problema. Privando un gruppo di individui di questa aspettativa li si riporta ad uno stato di civiltà antecedente.

L'elemento inusuale invece è rappresentato da una tormenta. Talmente forte da non avere precedenti e la cui possanza rasenta quasi il limite dell'accettabile. La forza della natura mette spesso in discussione le certezze acquisite dall'uomo. Ricordandoci che su questo pianeta siamo ospiti (che si comportano in molti casi davvero male).

«Il vento soffiava con tale intensità da far tintinnare i vetri, i bicchieri e lo scatolame. A intervalli brevi e irregolari si sentivano i tonfi e i colpi delle folate che si abbattevano sui muri, come se gli dei del tempo volessero convincerci che alla fine, dopo i tanti inverni tempestosi tipici dell'alta montagna, sarebbe stato possibile abbattere quella costruzione». Tratto da «Quota 1222« di Anne Holt, ed. Einaudi.

Il protagonista è un eroina riluttante che vive il dramma della disabilità creandosi un microcosmo personale di convinzioni e abitudini. La sua personalissima regressione antropologica si basa sulla constatazione evidente di come le aspettative emotive siano un perpetuo riciclaggio di ciò che è lecito aspettarsi da un disabile. Come pure di quel comportamento da tenere nei sui confronti. Un luogo comune, a ben guardare, che tuttavia è da molti sentito quasi come un codice cavalleresco.

Il peso di questa recita la trascina in un limbo in cui i rapporti umani sono del tutto superflui stante la loro fin troppo scontata evoluzione.

Per questa ragione ella soffre di un moto di rigetto che la spinge a somatizzare e ad esternare alcune crudeltà approfittandosi di una legittimazione che deriva dall'essere portatrice di un handicap.

La sua dimensione personale entra in netto conflitto con la necessità impellente di risolvere una situazione drammatica e potenzialmente esplosiva prima ancora che individuare un assassino.

L'indagine si svolge secondo contenuti filo deduttivi

Ovviamente privata della tecnologia giacchè manca una polizia scientifica. E la bufera isola i partecipanti a questa forzata comunione privandoli delle facilitazioni tipiche dell'era della comunicazione. Quel che resta è l'artigianale capacità di indagare.

«A pensarci, la combinazione di tanti norvegesi costretti in albergo sarebbe potuta sfociare prima o poi in un crimine». Tratto da «Quota 1222« di Anne Holt, ed. Einaudi.

Ho trovato interessante un punto che l'Autrice più volte sfiora purtroppo senza approfondirlo come a mio parere avrebbe meritato. La tecnologia non è solo fruizione on demand di un servizio, ma è anche la disperata ricerca di una società umanamente fredda di sentirsi più vicini gli uni con gli altri. Rappresenta cioè nel contempo sia lo stereotipo che il paradosso di una situazione la cui tollerabilità ha trasformato gli orpelli tecnologici in vere e proprie coperte di Linus.

Avrei approfondito questo aspetto. Nella sua privazione quale contorno alle indagini. La scrittrice invece sembra più interessata a sfruttarlo per legittimare determinate scelte. A scopo quindi di semplice credibilità narrativa.

I crismi propri dell'osservazione e della deduzione diventano le principali armi per approfondire gli aneddoti. Il particolare assume rilevanza in rapporto alla ricostruzione dei fatti e come tale si inserisce, con la formula tipica del pezzo di un puzzle nel più grande disegno che l'indagatore è costretto a ricreare. Per isolare il comportamento deviante dell'assassino.

«Il movente è il buco nella serratura dell'atto criminale». Tratto da «Quota 1222« di Anne Holt, ed. Einaudi.

E' facile in questi casi fare paragoni con il grande Sir. Arthur Conan Doyle nel suo affrescare l'indagine come un pittore che concepisce l'opera sua pennello alla mano.

L'Autrice è brava nel costruire passo dopo passo un vero e proprio percorso prima di tutto ambientale, dal punto di vista oggettivo, per poi spostare la focalizzazione narrativa al soggettivo.

«Che Cato Hammer e Roar Hanson fossero stati uccisi da due colpevoli diversi era improbabile. Era anche vero che i metodi e le circostanze erano molto diversi, quindi poteva darsi che mi sbagliassi. Eppure i collegamenti tra le due vittime erano così numerosi che io, almeno al momento, restavo convinta che si trattasse dello stesso colpevole». Tratto da «Quota 1222« di Hanne Holt, ed. Einaudi.

Centralizzando la natura dei coprotagonisti. Ciascuno dei quali diventa un potenziale indagabile vuoi per il suo comportamento o per le sue convinzioni oppure per questioni molto più facilmente spendibili quali sono i segreti di cui ciascuno è portatore sano.

Il ruolo dell'ambiguità in un giallo è da sempre utilizzato come un fumogeno per annebbiare e dilatare i confini del riconoscibile. Alimenta cioè la tensione.

Ma attenzione, quando la si utilizza indirizzandola come fumo negli occhi del lettore, per cioè distrarlo in modo colpevole e quindi pretendere da questo che non arrivi a conoscere con anticipo il piano criminoso diventa difficile da digerire.

Lo si evince purtroppo dal ruolo troppo telegrafato che questi potenziali sospetti sono chiamati a recitare uno dopo l'altro nella percorrenza delle pagine. Incontriamo l'antipatica iraconda, il misterioso sedentario e un pò schivo, il burlone intelligenti.. Si sa bene che nella scrittura creativa si insegna come il binomio crea un coprotagonista facile da gestire, spiegare e nel contempo funzionale alla trama.

Chi è di «bocca buona» pretende però di più.

Anche perchè il gran finale può non essere così spettacolare.

In questo romanzo della pur bravissima Anne Holt il cui stile è sempre apprezzabile c'è una intrigante ambientazione. Molto appassionante e per tanti versi accattivante. Specialmente per chi apprezza gli ambiti più «glaciali». Ma nel contempo ci sono degli archetipi a livello strutturale, per quanto concerne l'esposizione della trama, che denotano alcuni limiti narrativi.

I personaggi principali sono necessari a questa impostazione?

Ciascuno funzionalizza una trentina di pagine in media complessivamente aggiuntive rispetto alla narrazione di base che rappresenta anche il corpus del romanzo giallo. Orbene avrei «sfoltito» il bandolo della matassa rendendolo più rapidamente fruibile al lettore e meno sperimentale.

La sensazione infatti è che a parte la ormai nota genialità nello stile pulito e diligentemente organizzato di questa sicuramente bravissima scrittrice la stesura di questo romanzo sia più una sorta di intermezzo basato sull'idea concettuale di volersi confrontare con un giallo con uno stile più classico.

«Quota 1222« è un buon romanzo. Ma nulla di più che nella media. Una storia sicuramente interessante e appassionante per gli amanti del giallo che non conosca l'eccesso della presenza tecnologica. Sicuramente apprezzato maggiormente da coloro che amano le ambientazioni nel freddo, nella neve, nel rifugio dalla tormenta.

Una piacevole lettura consigliata però solo agli amanti del genere ben avvertiti di non aspettarsi troppo.

Marco Solferini
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