sabato 28 marzo 2015

Febbre

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Febbre

Autore: Nick Louth
Genere: medical thriller - avventura

Un Boeing 747 lascia l'aeroporto di New York diretto ad Amsterdam.

A bordo troviamo Erica e Max Carver il suo fidanzato. Lei una scienziata specializzata in parassitologia attesa per una importante conferenza in Olanda dove rivelerà i contenuti di un scoperta fondamentale, lui un ex Guardia costiera che si presenta come uno scultore d'avanguardia.

Apparentemente dovrebbe essere il viaggio di un affiatata coppia in procinto forse di diventare qualcosa di più, ma a bordo di quell'aereo c'è un passeggero con un terribile segreto.

Un arma diabolica che viene liberata per colpire i vertici di una delle più importanti case farmaceutiche del Mondo: la Pharmstar.

Capitanata dallo spietato Iron Jack. Un uomo ambizioso e privo di morale. Un uomo che ha segnato con il suo capitalismo la logica imprenditoriale della società tra acquisizioni e brevetti.

«Ci vogliono 800 milioni di dollari e anche dodici anni per portare un farmaco dalla provetta al mercato. Servono due camion solo per le scartoffie da sottoporre alla Food and Drug Administration. Perciò, un medicinale approvato deve generare profitti enormi negli otto anni di durata del brevetto, sia per ripagare i costi di sviluppo, sia per compensare il restante 99% dei preparati che non ce la fa. Una molecola può essere bocciata per svariate ragioni. Magari funziona in provetta, ma non sulle cavie, oppure sulle cavie, ma non sull'uomo, o cura il disturbo, ma ne provoca altri, o ancora (la situazione più frustrante di tutte) è efficace, ma qualche sapientone prova con una tesi di dottorato che una terapia a base di aspirina dà gli stessi benefici». Tratto da «Febbre» di Nick Louth, ed. BookMe.

La sera prima l'importante conferenza Erica scompare. Ultima traccia, il presunto incontro con un vecchio quanto sconosciuto amico.

Di lì a poco il suo computer viene rubato da un abile scassinatrice.

Max si convince che la sua fidanzata è stata rapita, ma la polizia locale non gli crede e mentre esplode l'epidemia letale di un nuovo e sconosciuto ceppo di malaria lui intraprenderà una caccia all'uomo che lo porterà sulle tracce di un criminale internazionale noto con il soprannome di Anvil.

«Negli ultimi cent'anni l'umanità ha dovuto lottare con quattro tipi di malaria. A quanto pare, abbiamo trovato il quinto». Tratto da «Febbre» di Nick Louth, ed. BookMe.

Un uomo spietato, abile nelle tecniche di guerriglia, abituato ad ogni sorta di brutalità. Un assassino che per profitto non esiterebbe a sterminare decine di migliaia di persone.

Per mettersi sulle sue tracce Max conoscerà Lisbeth, un abile ladra con un passato controverso. Unica pista per arrivare al misterioso Anvil.

Quale atroce verità o vendetta si nasconde dietro un virus apparentemente inarrestabile?

Forse tutto è cominciato nel 1992 durante un viaggio in Zaire. Nell'Africa più povera e brutale. Un viaggio dell'orrore in cui la giovanissima Erica ha conosciuto il dramma della prigionia e degli abusi da parte dei sedicenti signori della guerra.

Il romanzo si presenta da subito con un gran ritmo narrativo per una storia gestita su tre fronti: l'indagine scientifica che si risolve in una corsa contro il tempo per fermare un nuovo ceppo di malaria, la ricerca della donna scomparsa e la narrazione dei fatti accaduti in Africa nei primi anni 90.

Capitoli brevi, paratattici e inquadrati su descrizioni circostanziate e dialoghi a tutto campo che rappresentano la vera cifra narrativa di questo scrittore al suo interessante esordio.

«Max fu sopraffatto dall'istinto di sopravvivenza, unito all'addestramento militare e alla scarica di adrenalina. Flettè le gambe e le stese di colpo, nel tentativo di dare a Janus una testata sul naso. Invece lo colpì alla mascella. I denti del gigante sbatterono e la testa ispida si rovesciò con un grido di dolore. Per un secondo, il collo rimase scoperto, invitante come un frutto maturo». Tratto da «Febbre» di Nick Louth, ed. BookMe.

I personaggi sono ben predisposti per ingaggiare un amore odio durante la narrazione che porta a scontri e inaspettate alleanze. L'esposizione punta più al relativismo interpersonale che al realismo empirico e dal punto di vista focale ciascun carattere beneficia di una valida definizione. Il risultato è praticità allo stato puro: tutti soggetti diventano funzionali al microcosmo della trama, e al suo svolgimento specialmente per quanto concerne i loro limiti che alimentano la tensione nell'inseguimento della verità.

Devo rilevare che la scelta dell'Autore è anche per una violenza molto marcata. I fatti del resto la richiedono. Le brutalità e gli abusi dell'Africa sono una triste pagina della storia ormai nota. Il lettore tuttavia si prepari perchè lo scritto non è per stomaci deboli.

«Davanti a me, due uomini di spalle. Torreggiavano sopra un fagotto scuro. Uno gli ha puntato contro il fucile. L'altro si è sollevato una lama sopra la testa. Nel metallo ho visto riflessi i colori dell'alba. Quindi ha abbassato il machete con tutta la forza che aveva. Il fagotto ha emesso un gemito e ha alzato lentamente un braccio, la mano di una donna che si spalancava come un fiore sotto il sole. Il tipo con il fucile ha riso e si è acceso una sigaretta. La lama si è abbattuta di nuovo sulla vittima, più volte». Tratto da «Febbre» di Nick Louth, ed. BookMe.

* * *

«Inspirò a fondo, afferrò la canna viscida e tirò. Leo urlò, ma le dita di Max scivolavano. Ci vollero tre tentativi per scollare l'arma dalla carne carbonizzata. Gli sparò alla tempia senza esitazione. poi incespicò verso il bagno e vomitò, con la testa che martellava al ritmo del rombo incessante dei camion». Tratto da «Febbre» di Nick Louth, ed. BookMe.

Non mancano poi scene bollenti le cui descrizioni sono certamente generose, pensate forse per i lettori più lussuriosi.

Devo dire che mi è piaciuto il romanzo nella sua interezza.

«Napalm fatto in casa in un lanciafiamme improvvisato». Max rabbrividì al solo pensiero. Il napalm è economico e letale, l'arma preferita dagli eserciti moderni per distruggere i carri armati. Lanciato in bombe dagli aerei, è una gelatina appiccicosa che brucia sprigionando un calore così intenso da ardere vivo l'equipaggio anche quando manca il bersaglio. Tra i molti modi raccapriccianti per morire sui campi di battaglia, è questo è il peggiore. E che qualcuno avesse deciso di ricreare quell'orrore nella camera di una donna era ancora più spaventoso». Tratto da «Febbre» di Nick Louth, ed. BookMe.

Tanta azione, buona dose di tensione e ottime spiegazioni che non sono mai prolisse dal punto di vista scientifico, ma ugualmente esaustive per consentire anche ai profani della medicina di comprenderne i contenuti.

L'assassino Anvil è un personaggio interessante. Accattivante il suo passato e la logica militare delle sue azioni nel presente. Tutt'altro che di contorno, dapprima è una presenza a tratti sfuggevole in un ambientazione difficile perchè ostica e avversa al protagonista Max che non è proprio l'eroe americano per antonomasia essendo invece molto improvvisato, con uno stile che ondeggia da Frantic (nella prima parte) a Jack Rayan quando, successivamente, diventa il nemico pubblico ben disposto a giocarsela sul campo.

Lisbeth è il punto dolente. L'ho trovata eccessivamente caricaturale, la sua ossessione per il sesso, quasi ninfomaniacale ne assorbe i tratti di simpatia e ne divora la vicenda amorosa del suo passato che l'avrebbe umanizzata. A tratti emerge in modo eccessivo la sua funzione «usa e getta» nell'ottica di fungere da anticamera per la svolta narrativa. A ben guardare è sempre attraverso l'iterazione su di lei che Max guadagna campo nelle indagini. Inutili e approssimativi i dialoghi sul carding (clonazione delle carte di credito) e sulle chiavi universali per i furti d'auto.

«Febbre» è un romanzo d'azione con uno sfondo in stile medical - thriller. Coinvolgente e caratterizzato da un gran ritmo narrativo. Ricco di colpi di scena, tensione e capovolgimenti di fronte. Davvero un buon esordio per questo Autore che molto piacerà al pubblico Italiano.

Consigliato.

Marco Solferini.
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domenica 15 marzo 2015

Mr Mercedes

Un ringraziamento particolare agli sponsor: 

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IL SECONDO RINASCIMENTO
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Mr. Mercedes

Autore: Stephen King.
Genere: thriller.

Mr. Mercedes è il soprannome che la stampa ha dato allo spietato assassino che ha investito decine di persone in fila ad una fiera del lavoro.

Un atto deliberato di volontà omicida. Sadismo e crudeltà. Efferatezza. Fra i morti, donne e bambini, gente disperata alla ricerca di un impiego. Falciata, schiacciata, menomata senza nessuna pietà.

Uno spettacolo di morti e feriti gravi che ha lasciato il segno, occupando le pagine dei giornali per molto tempo.

Il killer però è stato tanto spietato quanto attento ai particolari. Lasciando dietro di sè, solo una maschera da pagliaccio abbandonata nell'auto rubata usata come arma del delitto.

Per i detective William Hodges e Peter Huntley da subito l'indagine si era dimostrata ostica. Nessun testimone, niente indizi dalla scientifica.

Un caso irrisolto. Era il 2009.

Non è passato molto tempo da quel drammatico fatto di sangue, ma tuttavia abbastanza per far si che il detective Hodges andasse in pensione. Una carriera onorata. Che lo rende paragonabile a un piccole eroe americano.

Una volta riconsegnata la pistola d'ordinanza e il distintivo però ciò che resta è un uomo solo, in compagnia di una vecchiaia che sembra schiacciarlo in una quotidianità noiosa. Senza uno scopo, ma con una consapevolezza: Mr. Mercedes è ancora a piede libero.

Ed è proprio il killer a farsi vivo. Scrivendogli una lettera nella quale riversa tutta la sua follia. Odio e ammirazione. Superbia e allucinato divertimento in quello che potrebbe sembrare un gioco mortale.

La sfida non è finita.

Dietro la maschera di Mr. Mercedes c'è l'anonimo Brady Hartsfield, un sociopatico che nasconde le proprie ossessioni e paranoie in una vita compassata. Dentro al mallo del qualunquismo anonimo.

Il suo punto di forza è una completa assenza di moralità che gli ha consentito di appiattire la coscienza al punto da renderlo uno strumento in grado di compiere i gesti peggiori senza alcun risentimento emotivo.

Ha spinto al suicidio la donna cui ha sottratto l'auto grazie al perverso gioco dei sensi di colpa. Segue i movimenti del detective Hodges e di chi vive intorno a lui grazie all'anonimato di una copertura perfetta per pianificare le prossime mosse. In attesa di colpire ancora per placare una pulsione omicida che sembra uno sfogo sessuale represso.

Riuscirà il detective in pensione a fermare l'assassino o sarò la vittima del suo gioco mortale?

Stephen King è l'indiscusso maestro del thriller e dell'horror americano. Celebrato giustamente come uno dei più grandi scrittori contemporanei in questo romanzo rende onore al suo blasone.

Descrizioni minuziose, cariche di particolari introspettivi che apportano un realismo straordinariamente visivo al costrutto filo logico dell'azione attraverso un ambientazione sapientemente delimitata e ben descritta.

«Nessuno mi capisce e il mondo intero ce l'ha con me. Nonostante i soldi, incapace di godersi le gioie della vita, tipo non essere costretta a dipendere da uno stipendio fisso. La Trelawney non aveva mai avuto bisogno di far quadrare i conti in banca o controllare la segreteria telefonica per eventuali chiamate da un agenzia di recupero crediti, e però aveva continuato a maledire le sue disgrazie, attaccandosi a stupidaggini tipo un acconciatura sbagliata o una donna di servizio scortese. La povera Olivia, con i suoi vestiti informi dallo scollo a barchetta inclinato sempre a babordo o a tribordo. Con lo sguardo acquoso come fosse perennemente sul punto di piangere. Fin dall'inizio non era piaciuta a nessuno, compreso il detective di primo grado Kermit William Hodges. Nessuno era rimasto sorpreso dal suo suicidio, incluso il suddetto poliziotto. La morte di otto persone, e il ferimento di parecchie altre, era un bel peso da portare sulla coscienza». Tratto da «Mr Mercedes» di Stephen King, ed. Sperling & Kupfer.

King non tradisce i suoi lettori e coltiva il personaggio principale con una focalizzazione centralizzata sul senso della vita percepito dall'uomo visto, dall'esterno, come un argillosa metafora di sentimenti ed emozioni in evoluzione.

E' «il solito» sceriffo che ama i revolver ed è un pò cowboy e un pò bastardo. All'occorrenza non si tira indietro e sa il fatto suo.

«L'ex detective non è ancora pronto a mollare l'osso. Il giovane nella foto potrà anche nascondere un cervello bacato dietro un volto anonimo, ma Hodges si è ritrovato per le mani un discreto numero di psicopatici e sa che, quando vengono colti di sorpresa, in genere crollano come mammolette. Sono solo pericolosi per chi non ha un arma e non si aspetta il peggio, tipo i poveracci in bolletta che speravano in un lavoro quella mattina di aprile del 2009». Tratto da «Mr Mercedes» di Stephen King, ed. Sperling & Kupfer.

Un mix di saggezza, audacia e malinconia che si risolve in una sfida interiore per sopravvivere alla realtà contemporanea tanto quanto al cattivo di turno.

Quest'ultimo sintetizza e incarna il male. L'indifferenza di quella volontà fine a se stessa che alimenta la cattiveria quale forma di autocompiacimento. La cui placida essenza trae origine da un non senso perchè non essendo possibile categorizzarla e come tale inserirla nei contesti della società, risulta estranea ad essa.

La scoperta di quest'uomo apparentemente comune, la classica nullità della porta accanto rivela dove si annida la pericolosità di una devianza che non si riconosce nelle regole tanto quanto nei valori.

«Brady porge a Jerome i due gelati, desiderando che fossero corretti all'arsenico. O magari al Coumadin. Se li riempisse di quello, si metterebbero a sanguinare dagli occhi e dalle orecchie e dalla bocca. E pure dal buco del culo. Si immagina i ragazzi di West Side mentre mollano a terra gli zaini e i preziosi cellulari, con il sangue che sgorga da ogni orifizio. Sarebbe uno stupendo film apocalittico». Tratto da «Mr Mercedes» di Stephen King, ed. Sperling & Kupfer.

L'assassino indossa la maschera per dissimulare il predatore che è dentro di lui. Vive un esistenza in completa disarmonia con la natura circostante. Un oggetto fuori posto che si è adattato camaleonticamente.

Dialoghi sobri, efficaci, sempre oggettivizzati secondo coerenza. L'Autore alterna sottocapitoli paratattici e sintetici con alcune esposizioni più meticolose introducendo la svolta narrativa un passo alla volta, indirizzando cioè l'indagine in modo tale da far si che questa si «apra» sul mondo del protagonista e sulla relativa invasione dello stesso da parte dell'anomalia: l'assassino.

Giocata sul doppio fronte del passato e del presente la caccia all'assassino rivela le antinomie e alcune incoerenze nello stile delle indagini che si basano su una ripetizione statistica a volte in grado di facilitare chi gioca al di fuori degli schemi.

«Hodges sguscia Sotto l'Ombrello Blu di debbie, trovando un nuovo messaggio di Mr. Mercedes: Ti aprirò le chiappe, nonnetto». Tratto da «Mr Mercedes» di Stephen King, ed. Sperling & Kupfer.

L'assassino attacca il vecchio detective in pensione dapprima studiandolo, accerchiandolo, cercandolo quasi come un desiderio da appagare. Siamo di fronte ad una progressiva violazione dello spazio vitale che origina un vortice sempre più grande e assorbente. A ben guardare il killer è anche uno stalker e trae un sadico piacere da questa caccia alla volpe.

Una tecnica espositiva che esalta la narrazione facendola andare sempre più veloce, canalizzandola verso un crescendo Rossiniano che sarà lo scontro finale.


«Pete sbirciò attraverso il finestrino del guidatore rigato di pioggia, attento a non sfiorare il vetro. Sul sedile di pelle era appoggiata una maschera di gomma, di quelle che ti infili sulla testa. Ciuffi di capelli arancione da clown spuntavano dalle tempie come un paio di corna. Il naso era rosso e bitorzoluto. Senza nessuno ad indossarla, il sorriso color ciliegia si era trasformato in una smorfia». Tratto da «Mr Mercedes» di Stephen King, ed. Sperling & Kupfer.

Il thriller di King è meno surrealista del suo horror e più fedele agli aspetti drammatici. La realtà però si dimostra sempre allucinogena quasi all'insegna del vecchio detto che «supera la fantasia». I veri mostri per l'Autore sono altrove. Icone quasi simboliche di una società denaturalizzata. La sua descrizione di elementi che fanno parte di quelle stagioni della vita che passano attraverso la crescita e terminano nel riposo antecedente alla morte fisica dell'uomo sono un «j'accuse» all'iniquità. Al rifiuto di riconoscere l'esistenza di una coscienza che non è pronta ad abbandonare il corpo.

Ho percepito una sorta di contrapposizione a livello espositivo: da un lato l'imposizione di una società industrializzata, basata su di una catena di montaggio umana e dall'altro un tentativo naturalista, intimamente legato all'essere primordiale, di sopravvivere a questa scelta autoimposta. A questa presa del potere di un sistema che vuole gestire l'unicità in nome della collettività.

Esattamente come le sofferenze. C'è una sorta di «contrario» nella narrazione di King, che esalta la sopportazione Shakesperiana come antivirtù: spegne l'uomo privandolo del nuovo in chiave omerica. Nasce l'assassino. La negazione plausibile del tutto. Il joker di turno, ma anche il figliol prodigo della follia.

L'Autore è pienamente consapevole non solo dei suoi mezzi, ma anche della sua notorietà che spopola nel mondo e non mancano quindi i riferimenti ad alcune sue precedenti opere.

Registro poi l'elegante ingresso della «svolta informatica» nell'Autore di romanzi che ho cominciato a leggere quando non l'era della comunicazione informatica non esisteva e prima degli attuali social. Il protagonista (ovviamente) mal digerisce i gingilli della tecnologia, ma per entrare in contatto con l'assassino deve entrare nel mondo della comunicazione a distanza.. il romanzo è impreziosito da questo intelligente sviluppo molto ben ragionato.

«Mr. Mercedes» è un ottimo romanzo. Un thriller coinvolgente concepito con straordinaria brillantezza ed uno stile letterario appassionante. Intenso e coinvolgente Stephen King centra ancora una volta il bersaglio e regala ai lettori un emozione da non mancare.

Consigliato a tutti.

Marco Solferini.
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venerdì 6 marzo 2015

Intervista con Elisabetta Gualmini, Autrice di "Le mamme ce la fanno".

Intervista con l'Autrice Elisabetta Gualmini.

Domanda 1 (Marco Solferini): «Hai saputo essere umoristica con un piglio di goliardia; si può ancora coinvolgere il lettore attraverso un «transfer» che lo faccia sorridere tanto quanto riflettere?

Elisabetta Gualmini: Si, l’obiettivo del libro era proprio quello di parlare di un tema serio (l’enorme carico di incombenze che grava sulle spalle delle donne) con un linguaggio volutamente leggero e autoironico. Il libro è un elogio della mamma imperfetta, un po’ pasticciona, ingombrante, che pretende di fare tutto e, tra il tragico e il comico, riesce alla fine a farcela.

Domanda 2 (M.S.): «Ti sei sentita un pò «Bridget Jones» nel raccontare le (dis)avventure di una mamma multitasking?»

E.G: Sì un po’ sì. Mi sono messa in gioco in prima persona, per far vedere un po’ l’altro lato della medaglia, il volto personale e familiare di una persona che ha anche un piccolo ruolo pubblico. Ho voluto raccontare, in una specie di diario, le mie avventure e disavventure da madre che lavora e che da mattina a sera, come tutte le donne normali, segue i figli, li accompagna agli sport, fa fare i compiti, etc.

Domanda 3 (M.S.): «Il tuo umorismo a tratti sembrava una stoccata di scherma un pò crudele contro alcuni stereotipi di chi vive recitando come se fosse nella casa del Grande Fratello. Pensi che a volte per trasmettere o addirittura insegnare qualcosa sia necessario distruggere per ricostruire?»

E.G: Sì, alcuni racconti sono forse spietati. Prendo in giro in maniera molto cinica quei genitori esagerati e autoreferenziali, convinti che i propri figli siano dei piccoli geni, pronti a fare di tutto per accontentarli e accondiscendere ad ogni loro richiesta. Racconto di feste di compleanno faraoniche ed esagerate e di genitori che passano moltissime ore a fare i compiti al posto dei figli.

Domanda 4 (M.S.): «Quanto è importante l'autoconservazione dell'identità personale nel ruolo genitoriale moderno?»

E.G: Molto importante, i genitori non devono annullarsi per i propri figli, o diventare dei loro alleati, i loro migliori amici. Occorre conservare una certa distanza rispetto ai propri figli, rimanere se stessi, mantenere i propri interessi da adulti, ed essere in grado di fissare dei limiti e molte regole per i propri figli.

Domanda 5 (M.S.): «Quando i tuoi figli cresceranno e troveranno in libreria questo romanzo, cosa ti piacerebbe che provassero nel leggerlo?»

E.G: Mi piacerebbe che trovassero una testimonianza vera dell’amore profondo che ho nei loro confronti. Mi piacerebbe che si facessero moltissime risate e che pensassero con nostalgia alla loro infanzia.

Domanda 6 (M.S.): «Strade Blu è una collana di prestigio che tradizionalmente pubblica scrittori di qualità; ti senti onorata, stupita, o te lo aspettavi perchè te lo meritavi?»

E.G: Mi sono sentita molto onorata quando mi è stato offerto. Il libro nasce da un blog che avevo aperto un po’ di anni fa. Alcuni racconti di quel blog li ho fatti vedere all’editore e da lì è venuta l’idea del libro. Ci tengo a dire che tutte le storie raccontate sono vere, in ogni dettaglio. Nulla è inventato.

Domanda 7 (M.S.): «Il tuo romanzo possiede tutti i crismi per diventare un film: saresti d'accordo?»

E.G: Certo che sarei d’accordo! 

Ringrazio Elisabetta Gualmini per la disponibilità e a nome di tutti i lettori le faccio un accademico in bocca al lupo per ogni suo impegno di scrittrice nell'attesa di leggerla ancora.

Marco Solferini
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