sabato 28 febbraio 2015

Cruel

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Cruel

Autore: Salvo Sottile.
Genere: thriller.

Cruel è una rivista di successo gestita dal noto psicologo romano Tiziano Costa.

Una redazione specializzata sui fatti di cronaca che impiega fra i suoi reporter d'assalto Mauro Colesani, un giovane «viveur» della capitale romana, appassionato di donne e videogame.

Passione quest'ultima che condivide con il commissario Sciuto chiamato a indagare su di un efferato omicidio.

Il cadavere di una giovane donna scomparsa viene ritrovato dissanguato e appeso a testa in già in un ospedale psichiatrico abbandonato sembrerebbe il risultato di un rituale ad opera di un antica setta compiuto con un arma particolarissima: un antico pugnale. Forse per mano del misterioso «Chierico».

L'omicidio non passa certo inosservato e occupa da subito le prime pagine dei giornali compreso Cruel dove l'abile e ambiziosa reporter Ester, ultima arrivata e allieva proprio di Mauro mette a segno uno scoop da prima pagina rivelando particolari talmente sconosciuti sull'omicidio che attirano l'attenzione proprio dell'assassino.

Sarà proprio Ester la prossima vittima? E chi si nasconde dietro l'enigmatico soprannome de il «Chierico»? Mauro e il commissario dovranno indagare, mettendosi persino l'uno contro l'altro per via del ruolo che ricoprono e della passione segreta che il giornalista ha provato per Ester alla qual era legato da più di un semplice rapporto professionale.

Udite! Udite! I fan dei fumetti e cultori dei film sui supereroi non mancheranno di rilevare l'errore (o meglio il refuso) di pag. 15. L'Autore infatti cita una scena tratta da «un» film di Superman con il generale Zod, ma non si tratta del primo (film) come erroneamente riportato, essendo infatti una scena di Superman II (sempre con l'attore Christopher Reeve) e non è neppure degli anni 70 come sempre erroneamente viene precisato nel romanzo bensì del 1980.. chiunque abbia fatto questa ricerca doveva essere più attento perchè i fan dei comics è noto che abbiano una memoria da elefante e gongolano sugli errori (imperdonabili).

Conclusa questa premessa doverosa (perchè io sono un appassionatissimo dei comics), avendo letto «Più scuro di mezzanotte» giudico Sottile un ottimo autore. Penso che questo suo thriller sia ben al di sotto del suo standard e pur avendo qualche luce evidenzia anche molte ombre.

La caratterizzazione emotiva dei personaggi è visivamente coinvolgente nel senso che stabilisce un contatto empatico con il lettore basato sull'archetipo caratteriale. Quella caratteristica cioè che più di tutte identifica e nel contempo distingue rispetto agli altri partecipanti alla comunione narrativa, le qualità del singolo. Quasi sempre co-protagonista.

«Non era uno stronzo, era solo uno che, giusto o sbagliato che fosse, in quello che faceva ci credeva. I sentimenti la mattina li lasciava fuori dalla questura, come un cappotto appeso su un attaccapanni per strada, e tornava a prenderli la sera, quando usciva dall'ufficio e aveva freddo». Tratto da «Cruel» di Salvo Sottile, ed. Mondadori.

Questi personaggi diventano quindi parte di un piccolo Pantheon nel quale vengono prima presentati o meglio esposti, recependo e raccontando la loro caratteristica di principale appartenenza.

Così facendo incontriamo l'enigmatico sapiente psicologo (con autocontrollo e capacità organizzative di gestione della personalità), il giovane geloso e avventato, il commissario dall'etica moralista con l'intuito dovuto all'esperienza e al buon senso, la giovane giornalista ambiziosa, arrivista, determinata e sessualmente disponibile..

Insomma, il Cluedo in stile Agatha Christie è questo.. in fondo non è sempre detto che sia stato il maggiordomo con il candelabro.

Tale impostazione non è certo un difetto tuttavia nell'incipit sarebbe stato meglio scriverci «sceneggiatura» e non romanzo.

Il protagonista è gestito tra limiti e genialità. I primi sono esaltati da una recidiva che lo rende accattivante per la carica di scapestrato anticonformismo. Un eroe alla giornata che si confronta con la volontà/dovere di sopravvivere alle disavventure più comuni e se stesso. La sua brillantezza scaturisce dall'audacia. Una dose cioè di volontà intuitiva che si mescola con la curiosità introspettiva tipica dell'indagatore - giornalista.

Non è male. Affatto. Sicuramente i lettori lo gradiranno. Però una siffatta impostazione apre una vera e propria parentesi temporale sul protagonista. La presentazione del quale esclude una sua evoluzione o trasmutazione. Il lettore percepisce che si sta giocando con le carte in tavola dal punto di vista della focalizzazione soggettiva.

«Chiacchierarono per qualche minuto, affacciati al davanzale sui tetti di Roma, sorseggiando un bicchiere di vino. La serata era perfetta, e la brezza leggera era il coronamento ideale alla beatitudine in cui Mauro si cullava». Tratto da «Cruel» di Salvo Sottile, ed. Mondadori.

E' abbastanza evidente fin dalle prime 50 pagine che sarà lui a indagare, successivamente e nelle ultime, sul misterioso assassino sfruttando alcuni aneddoti che vengono appositamente introdotti all'inizio della narrazione (che senso avrebbe piazzare il referente informatico se non salta fuori in un secondo momento?).

Per chi legge molti thriller tutto questo è pane quotidiano. Un pò come sapere che nei film horror è meglio non correre nel bosco o andarsi a ficcare in una casa buia (magari in cantina) se si è inseguiti da un tizio con la maschera da Halloween e un grosso coltello in mano..

Diversamente il thriller punta sul noto binomio assassino - mistero.

In questo momento storico per la letteratura contemporanea e fermo restando l'italico vuoto lasciato da Giorgio Faletti che certamente le case editrici vorrebbero occupare, bisogna però osservare che non sono pochi gli Autori su scala internazionale che propongono lo stesso format.

Che l'assassino sia meglio rimanga un mistero per il maggior numero di pagine è sempre un bene, ma c'è un limite alla devianza di pura invenzione o di estrapolazione giornalistica che si manifesta nel momento in cui l'opera nella sua interezza finisce per rassomigliare più ad un capitolo o un episodio della vita narrativa. Come tale diventa l'invenzione di un microcosmo dove ambientare il thriller (e magari anche altri). Il lettore finisce per domandarsi: «sto leggendo un romanzo dove tutto può accadere o è il primo di una serie?»

«Per un attimo, il bagliore delle candele che si consumavano sulla tavola aveva dato agli occhi del suo anfitrione un riflesso luciferiano, come se il riverbero delle fiammelle che ardeva dentro le sue pupille dovesse rivelarle una natura diversa da quella finora conosciuta. Metà uomo e metà demonio, una creatura del maligno». Tratto da «Cruel» di Salvo Sottile, ed. Mondadori.

Il problema, più commerciale in verità, è che ci sono tanti Autori di questo genere e altrettanti ne sono costantemente in arrivo.

Non ho rilevato, pur nella pregiata fattualità di quest'opera, un vero e proprio distinguo che mi permettesse di elevarla al di sopra di uno standard medio - basso.

Un limite è l'eccesso descrittivo.

Ci sono alcuni periodi che sembrano proprio tipici degli sceneggiatori che si prendono la briga di descrivere minuziosamente ogni movimento dei protagonisti di una scena (perchè gli attori devono sapere cosa fare) come pure la dinamica dell'ambientazione specificando «dove, come, quando» di ogni singola azione.

I dialoghi sono molto ricamati sulle ambientazioni e quindi sulle scene interne ed esterne. Seguono senza impostare essendo delle conseguenze di svolgimento. Il lettore li percepirà come realistici in quanto nella vita di tutti i giorni ci sembra che accada altrettanto.

«Vincenzo, è un onore essere ufficialmente sospettato da te» Esordì Mauro con una buona dose di amarezza che imbrattava, come un inchiostro versato su un foglio intonso, anni di amicizia». Tratto da «Cruel» di Salvo Sottile, ed. Mondadori.

Il lettore più esperto però rileverà che in alcuni casi sono leziosi e strumentali. Significa che i protagonisti non si stanno comportando come persone qualunque bensì raccontano al lettore come hanno scelto di comportarsi. E' diverso. Sottile (mi si passi il gioco di parole) ma diverso.

Perchè, a ben guardare c'è una lacuna nella naturalezza che cerca di spiegare il perchè mi sono comportato in questo modo oppure per qual ragione ho svolto certe considerazioni: lo scrittore sta parlando al lettore tramite i suoi personaggi. Invece di raccontare.

Un altro limite è la scarsa intuitività di questi personaggi.

Pur se di fantasia il protagonista di un romanzo «vive» quindi si presuppone che sia una persona a sua volta informata, uno che legge i giornali, romanzi, guarda telefilm e via discorrendo. Uno cioè che padroneggia quel compendio di sapere comune che appartiene un pò a tutti. Far cadere dall'alto certe scoperte o teoremi è poco credibile. Suvvia qualcuno avrà pur visto in vita sua un episodio di CSI o letto un romanzo di Conan Doyle.. è noto che siamo tutti un pò malati e un pò dottori.

«Una parte di lei fremeva di eccitazione, inutile nasconderselo. Per la prima volta un suo articolo sembrava capace di incidere sulla realtà, e nel modo più scioccante». Tratto da «Cruel» di Salvo Sottile, ed. Mondadori.

Registro poi la solita necessità di infilare nella storia un esperto informatico la cui utilità sta nel fatto che permette di utilizzare le tecnologie per arrivare ad una deduzione che sia anche svolta narrativa.

Premesso che gli hacker sono diventati, pur nelle loro multiformi manifestazioni, ospiti fissi di racconti, romanzi e sceneggiature la loro presenza non può e non deve essere un «escamotage» narrativo, artificiosamente infilato cioè per far tornare i conti. In questo caso invece ho avuto proprio la sensazione che fosse così. E mi piaciuto non poco, bensì pochissimo.

La descrizione dell'hacker poi è un cliché. Poche scialbe righe per dipingerlo come un troll delle caverne fossilizzato dentro una stanza (persino buia come se manco l'energia elettrica fosse consentita) piena di aggeggi informatici (che non si sa bene quali siano, ma la sensazione è che ci sia un clamoroso autogoal nel momento in cui se fossero dei server ci si porrebbe il quesito in effetti proprio del consumo di energia elettrica visto che l'hacker in questione pare vivere nel posto dove lavora.. le web farm casalinghe forse sono possibili negli States, ma Enel & Co. ne dubito..)

Poi ci sono delle superficialità abnormi che fanno orrore all'antropologia culturale che si occupa da tempo del fenomeno delle relazioni sociali su internet. Quando si scrive bisogna fare delle ricerche. Oggi gli hacker sono qualcosina in più di un nerd smanettone con la passione dei byte segregatosi in un antro informatico. Vi assicuro che vanno in giro alla luce del sole, con ambiti firmati, belle auto e spesso, quando lavorano nella new economy, anche belle donne al seguito.

Non ultimo poi ci sono possibili errori tecnici. Si parla di cyberspazio, poi di violazione di siti come l'anagrafe, ma attenzione, buona parte di queste cose se si fanno non è attraverso il web.. si tratta invece del «deep web».

I lettori che conoscono questa materia storceranno parecchie volte il naso. Ripeto: si scrive solo dopo aver fatto minuziose ricerche. Approfondire, approfondire e approfondire. Il lettore lo merita perchè leggendo vorrebbe imparare qualcosa.

Punto forte sono il ritmo narrativo e la scioltezza. Incalzante il primo, senza sofisticazioni la seconda. Si va diritti al cuore del problema: coinvolgere il lettore. Incanalarlo nel dettaglio espositivo facendolo sentire partecipe. Tutto molto ben riuscito.

Purtroppo il finale è disarmante.

Premesso che infilare un ospedale psichiatrico e una figura enigmatica che guarda caso è proprio uno psichiatra in un romanzo di poco più di 200 pagine è controproducente. E qualunque segreteria letteraria dovrebbe saperlo perchè i lettori fanno due più due.

La narrazione è disseminata di possibili incongruenze, la cui spiegazione arriva alla spicciolata dopo. Sopratutto nei dialoghi a mò di riassunto e resoconto dei protagonisti che hanno più lo scopo di far quadrare i conti evitando che il lettore presupponga delle lacune nella narrazione.

Lo scrittore in realtà da una spiegazione a questa impostazione nei ringraziamenti (che curiosamente sono anche in gran parte riprodotti in seconda di copertina). Il tentativo di destrutturare la deduzione logica con un esposizione che parta dall'interno. Sottile ammette che questo «esperimento» è nato dalla sua esperienza televisiva nel settore della cronaca. E a ben guardare l'idea è interessante. La giudico però sviluppata malissimo e in modo tremendamente lacunoso.. potrei citare decine di Autori che riescono in questo campo, tra cui Jean-Christophe Grangé o Brian Freeman, Liza Marklund o Colin Dexter. Non c'è un solo motivo per cui dovrei preferirgli questo romanzo.

In chiusura penso sia necessaria una riflessione.

Molti giovani Autori lamentano il fatto che in Italia si dia spazio quasi esclusivamente a personaggi già noti dello spettacolo, cinema, teatro, persino dell'editoria stessa presi tra giornalisti e scrittori di rubriche sui periodici. Questo è sicuramente vero. Le case editrici cercano un plafond di possibili lettori che gradiscano l'Autore prima ancora della storia che propone.

E' uno sbaglio e lo pagano entrambe le parti. Da un lato l'evidente andamento delle vendite nel mercato dell'editoria. Dall'altro la critica sugli Autori che alla lunga ne ridurrà l'impatto sul pubblico dequalificandoli.

Salvo Sottile però è un validissimo scrittore e penso che soffra un pò di questa derivazione in quanto ritengo che sarebbe emerso nella carta stampata anche se non fosse un volto noto. Per questa ragione dovrebbe muoversi come uno scrittore di talento che vuole raggiungere il suo apice. Che vuole scrivere. Perchè ha le caratteristiche per farlo.

Quest'Autore rappresenta, al di là del romanzo in commento, la dimostrazione che la qualità c'è, accanto alla notorietà.

«Cruel» è un thriller mediocre con un ambientazione realista e personaggi con luci e ombre. Un indagine ricca di possibili sviluppi che si snoda su più fronti. Alcuni dei quali potrebbero affascinare i cultori del genere.

Consigliato ai lettori di thriller non troppo esigenti.

Marco Solferini
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