giovedì 22 maggio 2014

Una stanza piena di sogni

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Una stanza piena di sogni

Autore: Ruta Sepetys
Genere: drammatico.

Josie ha appena 17 anni e un passato difficile alle spalle.

Sua madre è una prostituta che lavora in un bordello gestito dalla vecchia Willi, donna matura e risoluta, manager del sesso a pagamento.

E' il 1950 a New Orleans. Soldi e sesso spesso creano intrecci letali.

C'è la malavita sullo sfondo di ogni affare e nella vita di Josie in particolare, per via di Cincinnati, uno spietato gangster che ama giocare sporco e per il quale sua madre ha una passione sciocca tanto quanto pericolosa.

Josie l'ha già affrontato una volta, quando era poco più di un adolescente e adesso che è tornato hanno un conto aperto. Che Cincinnati vuole saldare.

Lei però vive per conto proprio, pur lavorando come donna delle pulizie per Willi nel tempo libero. Quando non è impegnata nella libreria del vecchio Marlowe insieme con suo figlio Patrick.

Josie conosce bene i libri. Come pure gli Autori e a volte anche le persone in base a quello che leggono. Vive in una mansarda sopra la libreria e osserva il mondo che le passa accanto: le amicizie pericolose, quelle sincere, accarezza il desiderio di una vita diversa dove potrebbe dedicarsi allo studio, lontana dall'etichetta di essere figlia di un prostituta.

E lontana dalla morte, che sembra in agguato come un cobra pronto da un momento all'altro a stravolgere la vita di chiunque con un unico letale morso.

Forse è per questo che rimane affascinata da un distinto uomo d'affari che si ferma in libreria e muore quella stessa notte in circostanze sospette che addirittura sembrano portare alla madre di Josie.

Nel mentre la sua occasionale amicizia con una benestante signorina dell'alta borghesia basata sull'amore per i libri e il desiderio di cultura la portano a mettere in pratica il suo piano per ottenere una raccomandazione che le consenta di incominciare il tanto desiderato percorso di studi.

La scrittrice mi ha impressionato.

Ho letto con un crescendo di piacere esplorativo le sue pagine ben scritte. Organizzate in modo sintetico, attraverso una dialettica fruibile e ponderata. Il principio ispiratore di questo scritto, nei paratattici capitoli che lo compongono, è quello della «misura».

L'Autrice è riuscita a somministrare al lettore con abilità una trama tutt'altro che originale. Pur con le pregiate citazioni letterarie di cui il romanzo è gradevolmente pieno.

E' tuttavia riuscita a farlo concependo caratteri poco ambigui e molto realistici.

Un lettore che abbia alle spalle numerose letture di romanzi contemporanei e non, probabilmente non troverà nulla di realisticamente nuovo, ma ne apprezzerà il tasso di buona scrittura creativa.

Questo, in considerazione del basso livello di gran parte delle pubblicazioni che curiosamente raggiungono il pubblico non è affatto poco. Anzi è molto.

Lo strumento preferito dall'Autrice è la focalizzazione oggettiva su elementi emotivi prima ancora che dialettici cui demanda poi lo svolgimento, enfatizzato, della caratterizzazione di un personaggio. Un metodo semplice, ma efficace. Utile per creare un rapporto empatico con il lettore.

Il suo limite sta nel fatto che a volte anticipa i fatti, telegrafandoli a chi legge che finisce per aspettarsi determinate situazioni e facilmente presuppone lo svolgimento della trama.

La volontà di emergere e di estraniarsi dal mondo contemporaneo della protagonista, relegandosi in un microcosmo quale è la libreria, rappresenta un facile stereotipo della sua volontà di cambiare. Il voler scegliere in autonomia dopo aver compreso il funzionamento del libero arbitrio.

La contrapposizione con il retaggio familiare, come pure la presenza di una neutralità aggressiva da parte della «padrona» della madre che sintetizza l'affarismo opportunista pur con un etica in parte deviata, sono tutti elementi allegorici che sembrerebbero suggerire una cultura classica del romanzo e una messa in scena teatrale sulla falsa riga di autori come Wodehouse e in misura molto minore Louise Alcott.

Il gangster è una metafora del pericolo che per essere esorcizzato va affrontato, onde non rimanerne schiacciati. Mi è parso che l'Autrice volesse imbastire un dualismo fra la scelta di essere consapevoli e come tale di appropriasi della cultura che ti libera e ti prepara alla sfida con il nemico oppure l'essere costretti a ripiegare su se stessi, a vivere cioè l'annullamento nella quiete della tolleranza.

Questa assenza della via di mezzo che ho percepito per quasi per tutto il romanzo, mi ha trasmesso quel di più che me lo ha fatto piacere.

Per converso sono rimasto deluso dagli stereotipi maschili. L'Autrice penalizza molto queste figure. Troppo. Sono tutte tacciabili di elementi retorici negativi, dall'opportunismo finanche al disfattismo. La «lotta» per l'emancipazione della giovane Josie diventa molto femminista nei suoi risoluti concetti di ciò che la vita le sta offrendo. E' una scelta di stile cui mi sarei riservato di porre un correttivo, quantomeno un temperamento, laddove identifica un pubblico di potenziali lettori quasi esclusivamente femminili e fra questi un target abbastanza identificato.

In questo senso la giudico una preclusione gratuita che ben si sarebbe potuta evitare.

«Una stanza piena di sogni» è un buon romanzo. Ben ambientato, con protagonisti interessanti sotto molteplici profili. Organizzato in modo sintetico e di facile quanto agevole lettura, coinvolge il lettore e gli propone una godibile narrazione.

Marco Solferini
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