domenica 6 ottobre 2013

Incontro con l'autrice: Debora Attanasio

Incontro con l'autrice Debora Attanasio
Intervista alla scrittrice del successo editoriale: "Non dite alla mamma che faccio la segretaria"

Sono da poco passate le 19.00 alla libreria Modo InfoShop nel cuore universitario e della movida del sabato sera a Bologna. In quella che ricorda un accogliente baita riempita di libri, sono assiepate molte persone che aspettano di incontrare dal vivo Debora Attanasio, la scrittrice del romanzo umoristico “Non dite alla mamma che faccio la segretaria”. Edito dalla Sperling & Kupfer, il romanzo narra la storia vera e autobiografica di una giovane donna in cerca di lavoro che finisce per diventare la segretaria del re del porno made in Italy, Riccardo Schicchi. Debora si presenta in libreria con un elegante abito bianco e nero. Disinvolta, biondissima, con una luccicante collana che sottolinea il suo bel viso. Con un espressione da bambina e un sorriso splendente come un girasole in un pomeriggio di mezz’estate. La musica che ci accompagna lascia lentamente il posto a qualche foto di rito, mentre l’autrice si accomoda davanti al suo pubblico. L’incontro è presentato dalla “crew” di Radio Fujiko, Patrizia e Nadia che introducono i due ospiti e commentatori l’On. Franco Grillini e il Prof. Ivo Germano. Nelle successive due ore circa l’autrice si racconta senza risparmiare le sue esperienze personali, dimostrando affabilità nel rispondere alle domande, con una dialettica forbita e una capacità espressiva persuasiva. Timbro determinato, voce sicura e padronanza della sintesi, Debora è un elogio all’eloquenza.

Al termine della presentazione ho incontrato la scrittrice per porle alcune domande in questa intervista che ci ha gentilmente concesso in esclusiva.

M.S. (Marco Solferini): Essere, come nel tuo caso, giovani scrittori oggi, quanto è impegnativo?
D.A. (Debora Attanasio): Fin da bambina sognavo di pubblicare libri, questo è il sesto che mando in stampa. Il giornalismo è stato utile, ma il successo di questo libro è legato all’esperienza con Schicchi. Non ho nemmeno dovuto cercare le case editrici, mi hanno contattato loro. Se posso dare un suggerimento agli autori giovani ed esordienti: mettetevi in gioco, vivete esperienze che poi potete raccontare. A nessuno interessa il racconto di una vita ordinaria.

M.S: La maturazione di uno scrittore che ama proporre una chiave di lettura agrodolce è dovuta all’intuizione relativa al soggetto o all’esperienza vissuta?
D.A: Il contenuto è legato solo all’esperienza vissuta. Il linguaggio deriva dal lessico famigliare, dall’amore per i libri, dai miei studi di scrittura creativa. E leggo più di 70 libri all’anno, mi sono anche autoimposta, con le dovute proporzioni, le regole consigliate da Stephen King.

M.S: Il tuo romanzo nasce da una raccolta di diari scritti in circa 10 anni. Che differenza c’è tra raccontare una storia con i personalismi dell’autobiografia, rispetto alla verità dei ricordi, quindi delle emozioni legate a quest’ultima?
D.A: Originariamente il mio testo era molto più lungo. Ho scritto di getto circa 600 cartelle, poi le esigenze di pubblicazione hanno fatto si che il materiale venisse ridotto. In ogni caso, se il libro avesse successo, è possibile che il materiale omesso venga utilizzato in futuro. Mentre scrivevo a volte ho pianto, in altre occasioni ho riso. Forse è stata più un opera emozionale.

M.S: L’immediatezza e la sincerità del tuo stile espositivo sembrano più un dialogo con il lettore. Quando scrivi ti senti più una scrittrice che ha qualcosa da raccontare o una scrittrice che ha qualcosa da insegnare?
D.A: Raccontare. Assolutamente. Per quanto riguarda il mio stile empatico è generato dal fatto che sono anzitutto una giornalista sempre in cerca del contatto diretto con il lettore, e sono un’ex “bambina secchiona e con gli occhiali”, respinta dai compagni, che si sforzava di capirli per essere accettata.

M.S: Quale promessa ti senti di fare ai lettori che ti vorranno leggere per la prima volta?
D.A: Il mio intento è quello, molto umilmente, di far ridere con qualcosa di nuovo. Leggere divertendosi, esplorando un mondo diverso e misterioso di cui sono stata osservatrice privilegiata.

M.S: Per quanto riguarda Riccardo Schicchi, in ragione del rapporto confidenziale che hai avuto con lui, vorresti riabilitare la sua immagine per quanti non l’hanno compresa o vuoi raccontarla ex novo, cioè come dal nulla, per la prima volta?
D.A: Riccardo Schicchi mi ha sempre detto che non aveva nulla da farsi perdonare, quindi nessuna riabilitazione. Voglio trasmettere l’immagine dell’uomo geniale che ho conosciuto e apprezzato e lo faccio anche per i suoi figli. Perché temevo che una volta trascorso più tempo senza di lui, che con lui, il ricordo avrebbe cominciato a sfumare lasciando posto all’idea imposta dall’opinione pubblica, invece di quella reale.

M.S: Il sesso è capace di farci ridere, innamorare, soffrire. Che ruolo ha in questo romanzo?
D.A: Quello di sorprenderci, con l’intento spiritoso di sfatare l’idea morbosa del porno.

M.S: Ritieni che il pubblico italiano sia sufficientemente maturo da accettare il sesso senza associarlo a qualcosa di proibito o peccaminoso?
D.A: Ho aspettato prima di pubblicare questo romanzo e l’ho fatto nell’attesa che migliorassero i tempi. È andata a finire che l’ho voluto pubblicare perché, invece, stanno peggiorando.

M.S: È più facile creare un legame letterario autore – pubblico sul concetto di trasgressione o di scandalo?
D.A: Né l’uno né l’altro. Ho puntato maggiormente sulla commozione. Visto a distanza di anni, il racconto del mondo del porno che ho conosciuto fa più tenerezza che scandalo.

M.S: I pregiudizi sono, in ogni epoca storica, figli della contemporaneità, spesso intimamente legati all’ignoranza. Come pensi che si combattano?
D.A: Insegnando a non seguirli. Il compito principale appartiene agli insegnanti. La mia esperienza mi ha fatto capire l’importanza e la potenza della scuola come istituzione. A volte persino più del ruolo della famiglia, laddove non è infrequente che il giovane provi un rifiuto a priori per ciò che i genitori provano ad insegnargli.

M.S: La tua scelta lavorativa ti ha coinvolto, appassionato o intimorito?
D.A: Appassionata. All’inizio anche un po’ intimorita.

M.S: Preferisci affascinare il tuo lettore o essere la sua fonte di ispirazione?
D.A: Affascinare, ma spero non per la mia figura bensì per quella di Riccardo. Del resto penso che una persona intelligente sappia riconoscerne e apprezzarne un’altra.

M.S: Pensi che l’ebook sia la risposta ai problemi dell’editoria moderna?
D.A: No, assolutamente no. La gente non legge proprio più, né in carta, né i digitale. L’utilizzo dei social network inoltre sta abbassando la soglia di attenzione perché aumenta la materia bianca a discapito di quella grigia. Il risultato è che il lettore non riesce ad andare oltre le 10 righe. Dopo si stanca.

M.S: Progetti per il futuro?
D.A: Sto scrivendo un nuovo romanzo. Sono stata per circa 3 anni insieme ad un uomo violento che alla fine è stato ricoverato in manicomio. Durante le mie visite negli istituti ho conosciuto una paziente, che mi ha raccontato una storia interessante, generata dai suoi deliri, che mi ha chiesto di tradurre in un libro.

Ringraziamo Debora Attanasio facendole il più sincero in bocca al lupo per il meritato successo del suo romanzo restando in attesa di leggerla ancora.

Nota bene: Questa intervista è stata realizzata da Marco Solferini in qualità di critico letterario per la rivista MYWhere Magazine: http://www.mywhere.it/author/msolferini/
Marco Solferini
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marcosolferini.pubblicazioni@gmail.com

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