mercoledì 17 aprile 2013

ZeroZeroZero


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ZeroZeroZero

Autore: Roberto Saviano.
Genere: attualità, drammatico.



Il “romanziere” Roberto Saviano ci propone una serie di storie legate dal “trait d'union” della cocaina.



L'arma perfetta per inseguire i desideri di potere e dannazione, eccesso e annullamento.



Troviamo quindi in quest'opera, organizzata in storie di uomini e donne, un ricco catalogo di nomi che si snodano (e a volte si toccano) dall'America latina, con l'onnipotenza omicidiaria del narcotraffico colombiano, al ruolo di primo piano della ndrangheta d'Italia, proseguendo poi nell'emisfero verso est: dai balcani ai freddi mercati dell'ex U.R.S.S. quella Russia dei giorni d'oggi che sembra uscita da un “action movie” degli anni 90 in stile Walter Hill o Richard Donner.



Tanta nozionistica e storie a tratti allucinogene, che vogliono e devono lasciare il segno.



Vite segnate, maledette, condizionate, quasi incastrate nel Mondo. Violenza, omicidi, ricatti, soprusi e soldi, un fiume di soldi che diventa uno tsunami di potere, che dal denaro quale bene più liquido si trasmuta in corruzione ed eccessi di ogni genere: una sorta di “self storage” ambulante con una moderna serie di vizi in stile “Sodoma e Gomorra”.



Questo è quello che c'è nel romanzo e che fa rumore. Molto. Il lettore troverà pane per i propri denti se il suo desiderio è scandalizzarsi al calduccio della propria magione. Se vuole cioè argomenti di cui discutere con le conoscenze da spiaggia o al circolo del tennis, se ama sapere di cosa parla dopo un aperitivo con amici.



Però, tutto quello che manca nel romanzo è altrettanto rumoroso anche perché il libro edito dalla Feltrinelli nella collana “I Narratori” (scelta non priva di elementi di curiosità), narra, eccome se narra: per poco più di 420 pagine.


Il classico mattone. Dove troviamo un esposizione che cerca, ma non riesce, di mantenersi inalterata.


Di fatto, è lampante come vi siano delle vicende approfondite in maniera anche troppo minuziosa ed altre che sono affrontate con il piglio della nozionistica tipicamente del giornalista che fa del linguaggio telegrafo e paratattico una virtù.



Evidentemente, Saviano dà il meglio di sé quando ha sotto mano le centinaia, a volte persino migliaia di pagine delle indagini condotte dalla magistratura. In alternativa, ci propone dei racconti di horror-(in)civiltà contemporanea dove il demone minore della cocaina è evocato da quello maggiore dell'animo umano, plagiato da una sorta di lato oscuro della forza.



Questa impostazione, in stile mappatura mondiale che balzella da un punto all'altro del mappamondo è drammaticamente lacunosa. E poco convincente. La sensazione è che si stia facendo dell'archeologia con Google Maps senza cioè andare sul campo a verificare di persona.



Orbene, che non si debba essere astronauti per raccontare l'Universo è sacrosanta verità, ma le indagini portate avanti con il computer, sono un po' come i cibi precotti riscaldati. Gran parte di quello che Saviano ci dice sulla carta stampata, se voglio me lo vado a leggere persino su Wikipedia.



La narrazione è pesantemente viziata dal desiderio ossessivo di scandalizzare, spararla sempre più grossa e lo scrittore per riuscirci fa appello ai numeri di questo mercato di morte.



Solo che, se in passato era il contesto, come in Gomorra, a renderli atroci per via del realismo qui si ha l'impressione di assistere ad un documentario che per quanto dai contenuti certamente drammatici non convince oltre l'ultima pagina.



Saviano in versione interattiva, come una sorta di Alberto Angela della cronaca più nera, che si muove nelle pagine del romanzo in stile Carlo Lucarelli o Salvo Sottile, è una novità mediatica di cui si sarebbe fatto volentieri a meno.



Essere romanzieri dell'ignobile non significa patrocinare la causa della verità e la celebre macchina del fango è molto lontana dalla verosimiglianza ragionata che, va ricordato, il lettore non possiede di per se stesso. Come tale, il libro risulta sterilizzato dallo spirito critico che questi racconti non condividono con il lettore. Quasi fossimo in presenza di un testamento a mò di audio libro. Un documentario che non ammette repliche. Tutto a senso unico.



Troppo lungo (andava ridimensionato nell'editing) con uno stile di scrittura a volte tronco, in altre circostanze prolisso, poi ancora paratattico e successivamente a intermittenza. Fra considerazioni, riflessioni, storie. Il punto focale cambia continuamente. Grandi capitoli intitolati tutti “Coca” (neanche fossimo in un lungometraggio di Oliver Stone), poi divisi in paragrafi e sottoparagrafi (troppi e per motivazioni spesso inutili).



La sensazione è che questo romanzo abbia un andamento labirintico. Sia nato attorno ad un idea il cui sviluppo non è stato lineare, anzi direi che stato flagellato da continui cambi di rotta, come se nel mentre della stesura l'Autore si fosse dovuto dedicare ad altri progetti che ne abbiano influenzato lo stile. Il risultato è complessivamente scarsamente omogeneo: forse è più utile per chi lo volesse citare a piè di pagina in una tesi.



Anche l'arma ad oggi riconosciuta come più efficace della “firma” Saviano, cioè il saper scandalizzare attraverso il realismo, in questo caso non c'azzecca. Mancano elementi di vero e proprio “cultural writing” tali per cui vi si possa leggere, oltre alla storia, alla narrazione, ai singoli personaggi ed aneddoti, siano essi positivi o negativi, elementi che ne mettano in risalto il contesto narrativo, ambientale, sociale, storico antropologico.



Elementi cioè che vadano oltre il significato etimologico di termini angolo sassoni in uso, o modi di dire, canzoni, ritornelli, considerazioni sul bene più liquido in natura, sulla capacità di scambio globale e tanti altri balzelli creativi che sono presenti nel romanzo, ma che sembrano la storia, a grandi linee, dell'evoluzione linguistica di un termine. 

Nemmeno stessimo andando a caccia della più mitica che mitologica origine dell'affermazione “OK”.



Coloro che sono interessati all'argomento: “mercato globale della cocaina” troveranno più coinvolgente la rivista “Narcotraffico” che penso abbia in parte “ispirato” l'Autore specialmente nell'approfondimento di alcune figure malavitose legate a Famiglie, cartelli o clan.



Saviano è un Autore nato non per avere successo, ma per sensibilizzare, pertanto deve ritrovarsi, perché ne possiede le qualità.



Questo romanzo è una battuta d'arresto. La nota stonata che anche un grande musicista, a volte, si lascia scappare.



“ZeroZeroZero” è un romanzo che affronta il tema del mercato globale della cocaina in maniera poco convincente, troppo romanzata, con uno stile frammentato e scarsamente omogeneo. Assai diverso da quel Saviano che il pubblico conosce. Apprezzabile per il metodo espositivo immediato, crudo, categorico, ma decisamente non all'altezza delle aspettative per un Autore che ha dimostrato di poter offrire molto di più ai lettori.



Un occasione mancata; sconsigliato.



Marco Solferini
marcosolferini.pubblicazioni@gmail.com

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1 commento:

  1. Letta una bella recensione: complimenti, ne avevo già trovate in giro, ma questa mi sembra davvero notevole.
    Io non sono una grande fan di Saviano anche se gli riconosco il merito (e il coraggio) di aver portato alla luce il malaffare della camorra con il suo Gomorra.
    Che questo romanzo fosse diverso, come credo giustamente tu scrivi nella recensione lo avevo intuito quando l'ho preso in mano e a parte la lunghezza, sembrava prorio impostato in modo diverso rispetto alle sue precedenti opere.
    Ho anche letto che la storia di questo libro é diversa perché pare che abbia alle spalle un agente letterario fra i più potenti ed infuenti d'Europa che ottenuto un contratto d'oro per fargli fare questa pubblicazione quindi ho idea che tu abbia centrato in pieno uno dei problemi quando affermi che il libro più che altro nato da un ideaa sviluppata ad intermittenza.
    Pazienza.. ci sono altri Autori in giro, non solo Saviano.

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