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Il caso Collini
Autore: Ferdinand Von
Schirach.
Genere: drammatico,
storico, processo penale.
Il giovane Avvocato
Caspar Leinen, è iscritto nelle liste delle difese d'ufficio del
Tribunale penale di Berlino. Riceve pertanto, una chiamata per
assistere un cliente, reo di aver commesso un efferato omicidio.
Fabrizio Maria Collini,
fingendosi un giornalista, è stato ricevuto dal ricco ed anziano
industriale Hans Meyer in una camera d'albergo, dove prima lo ha
ucciso, poi si è accanito sul suo corpo, prendendo a calci la
faccia, finché addirittura il tacco della scarpa non si è staccato.
Dopodiché, l'assassino
ha atteso l'arrivo della polizia, cui si è consegnato, nella sala
d'attesa dell'albergo.
Un caso apparentemente
perso in partenza per l'Avvocato difensore, anche perchè l'omicida
non cerca di negare i fatti. Un principio chiaro di colpevolezza per
omicidio volontario aggravato.
Il movente però resta un
mistero.
Dietro a quell'uomo
incensurato, c'è una vita condotta in modo irreprensibile ed un
passato che emerge nella sua terribile ed irrituale pienezza.
Solamente nel corso del
processo, grazie alla caparbia volontà indagatrice del suo
difensore, che profonde la tecnica del novizio nell'accuratezza della
metodologia emergerà un altra storia.
Un passato che affonda le
sue radici nel nazionalsocialismo, di cui Hans Mayer è stato
ufficiale comandante, in Italia, dove un atroce fatto di sangue si è
consumato. E la vendetta non conosce i confini del tempo.
Ma le circostanze
rivelano anche un altra verità, che appartiene solo all'Avvocato
Leinen, perchè quello stesso uomo ucciso è stato per lui, negli
anni dell'adolescenza, come un padre, insieme come il compagno
dell'estate Philipp e la nipote Johanna.
Riuscirà il giovane
Avvocato a patrocinare al meglio, consapevole di questa verità?
Quale soluzione impone la
legge e quale appartiene all'uomo?
Sullo sfondo di questo
dilemma, il processo si allarga, quando la parte civile, si
costituisce nominando uno dei più noti e celebri Avvocati del foro
di Berlino, un anziano quanto esperto principe del Foro, che si
troverà a dover argomentare sulla storia stessa del diritto penale
tedesco.
Perchè, nelle more di
questo processo, emergerà una verità sconvolgente, che rivelerà il
perchè di un enorme numero di prescrizioni di cui, sul finire degli
anni sessanta, beneficiarono i nazisti e coloro che erano definiti:
“criminali da scrivania”.
Qual è il segreto dietro
alle norme introduttive della legge Dreher del 1968, e cosa è
custodito nell'archivio federale di Ludwigsburg?
L'Autore ci propone un
testo di fruibile lettura.
Narrato con stile
semplice ed immediato, in alcuni casi altamente visivo; forse
tacciabile di un eccesso di meticolosità nel dettaglio.
Sensazioni che traggono
una ragion d'essere dal particolareggiato scandire degli elementi,
protagonisti di un logos eclettico, a momenti riflessivo e
metabolizzato in una tensione argomentativa fatta di accelerazioni ed
improvvise frenate.
Il lettore si abituerà,
tuttavia, a questa metodologia e non ne risentirà, complice il fatto
che il romanzo è relativamente breve; all'opposto, fosse stato più
corposo, probabilmente tale stile avrebbe potuto annoiare i meno
interessati alle procedure penali.
Infatti, un ottima parte
della narrazione è riservata all'esplicazione del codice di
procedura penale tedesco, dalle documentazioni burocratiche finanche
alla tempistica. Squisitamente semplificato, rappresenta un
interessante spunto conoscitivo anche per i non addetti ai lavori.
La storia in sé è, per
4/5 oggettivamente già ampiamente percorsa da numerosissimi filoni
narrativi, ricalcando un format noto, qual'è quello dell'ex
criminale nazista chiamato a subire una vendetta privata, molti anni
dopo rispetto alla fine della guerra.
Però, ed in ciò annida
la genialità di fondo, nell'ultima parte del romanzo, l'Autore ci
regala un altra prospettiva, rivelando in un dibattimento pubblico
del Tribunale, una verità diversa.
Un vero e proprio “coup
de théatre”, che trasforma e trasmuta tutta la narrazione,
inquadrandola sotto un altra luce.
Ottimamente scandito da
dialoghi incalzanti e sapientemente organizzati, la vittima diventa
carnefice e sul banco degli imputati, sale il codice penale tedesco.
L'interrogativo di fondo
che nasce ed è brutale, va oltre qualunque genere di accettazione
civile.
Se cioé durante il
periodo di guerra, al di là delle parti in causa, esista o meno una
procedura internazionale che in “diritto” consenta la
ritorsione per l'uccisione di soldati nella guerriglia, attraverso il
massacro di civili, nel c.d. rapporto di 1 a 10.
La risposta lascerà
atterrito il lettore e lo appassionerà immensamente quando si
tratterà di dare una risposta al perchè i c.d. “criminali da
scrivania” coloro che cioè hanno obbedito agli ordini, spesso
non essendo nemmeno scesi sul campo, limitandosi ad essere stati
passacarte e signori dei numeri, siano stati, insieme con moltissimi
sotto ufficiali nazionalsocialisti, assolti per prescrizione, dal
reato di complicità in omicidio volontario aggravato.
La più grande difesa che
la storia ha tramandato, operata dagli ex. fautori della macchina di
morte nazista, ma non solo, è stata quella di “avere obbedito
agli ordini”.
L'Autore ci rivela che
tale difesa non solo ha funzionato, ma è stata legittimata da una
legge anonima, a firma di uno dei più grandi penalisti, celebrato
nei libri di testo delle Università e persino in altre nazioni
osannato.
Un semplice articolo
nelle norme introduttive della legge Dreher, che ha modificato, nel
silenzio di un sistema giuridico, l'art. 50 del codice penale tedesco
e, nel 1968, ha provocato la più grande serie di assoluzioni che la
storia della legge europea conosca.
Un testo per riflettere,
altamente consigliato ad un orda di Professori e Dottorandi che oggi
in Italia celebrano il diritto tedesco, spesso suggerendone il
paragone con quello Italiano, e che glorificano i grandi nomi della
sua dottrina, uno di quali è proprio Dreher, il cui commentario
penale è uno dei testi più studiati.
Sappiano costoro, che
dovrebbero riflettere sul fatto che alla luce di questa impostazione
che tanto gli piace, i nostri morti, i civili massacrati dai nazisti
non solo alle celebri fosse ardeatine, ma in moltissime altre zone
d'Italia, fra cui, per citarne una vicina a Bologna, Marzabotto, sono
stati assolti.
“Il caso Collini”
è un romanzo molto ben organizzato: snello, dinamico e ottimamente
esposto nei dialoghi; un caso di coscienza per l'uomo, di verità per
il mondo del diritto e di pietà per le vittime civili del
nazionalsocialismo. Chiude l'opera, un finale eccezionale,
coinvolgente e spettacolare, nella piena tradizione del magistrale
“coup de théatre”. Consigliato ai lettori di tutte le
età, sopratutto agli studiosi di Giurisprudenza di ogni professione.
Marco Solferini
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