lunedì 19 marzo 2012

The woman in black

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The woman in black

Autore: Susan Hill.
Genere: fantastico, ghost story.




The woman in black” è un libro molto famoso, meritatamente di successo, che ha consacrato l'Autrice, Susan Hill, nel genere fantastico ed in particolare nel filone delle “ghost story”.

La sera della vigilia di Natale, un uomo ricorda la sua avventura vissuta nella prima giovinezza, quando era un collaboratore di uno Studio legale londinese, incaricato di recarsi in uno sperduto villaggio, fuori città, in conseguenza della dipartita di un anziana signora il cui patrimonio, senza eredi, necessitava di un inventario per scopi testamentari.

E' una storia di fantasmi, adornata in modo incantevole da descrizioni criptiche e squisitamente inquietanti.

Memorabile la digressione di una pagina intera sulla nebbia di Londra e altresì la prima visione della donna vestita di nero, nella cappella funeraria e nel cimitero poi.

E' un testo il cui stile, dichiaratamente gotico, richiama le emozioni di fondo come un grande arcipelago di elementi, dalla cui descrizione scaturisce un protagonismo patologico e oggettivamente indirizzato al naturalismo.

Il lettore viene letteralmente calato nelle vesti dell'osservatore, immerso cioè in un ambiente costruito a tratti in modo fiabesco, eppure straordinariamente realistico.

Sulla scorta di questa contrapposizione, di questo ossimoro vivente, il lettore sente sulla sua pelle i brividi caldi di un intenso, glaciale, freddo: la paura.

L'Autrice e' bravissima nel creare le atmosfere, con una gestione delle immagini visiva, accompagnata da elementi di scrittura creativa contemplativa.

Susan Hill ha fatto storia e numerose sono state le interpretazioni per definire il suo “modus operandi”.

A mio avviso, lo stile gotico e' certamente presente, tuttavia mi sento altresì di poter dichiarare che, se da un lato sono innegabili alcuni spunti che ricordano celebri storie come “il castello d'Otranto”, rileva anche un filo d'Arianna che ci riporta alla concezione Vittoriana del romanzo.

A ben guardare infatti, l'indole di Dickens, nella costruzione della personalità dei soggetti e' cara anche al periodo post Vittoriano, quanto lo fu in precedenza e malgrado le critiche; si tratta di uno stile non rinunciatario, come tale celebrato da numerosi autori contemporanei ben al di là del periodo storico di maggior riferimento.

Cio' che invece potrebbe essere dibattuta e' la natura romantica neoclassica, che a mio avviso e' presente nell'impostazione Vittoriana, la quale e' prevalentemente pudica, cioe' rinunciataria dell'erotismo, visto nella sua nudità.

Come tale, i sentimenti subiscono l'ossessione della repulsione che, attraverso la repressione, li fa regredire ad un idea fanciullesca, quasi fiabesca. Questa stessa immaginifica contro-realtà, simile ad uno specchio distorto, la ritroviamo nella scrittrice, quand'ella magnifica gli elementi dell'emotività: esasperata, compulsiva, ossessiva.

Il fato che trasmuta l'uomo, segnandolo per sempre, come una cicatrice indelebile.

Ed il ricordo che assume, per effetto, una valenza onniscente. Vivendo di una naturalezza propria. Sganciata dall'involucro.

In questo ritengo vi siano elementi tanto Vittoriani quanto Romantici e Neoclassici ravviso gli elementi di pudica rinuncia, e sussumibili nel comune denominatore di un vero e proprio “non essere” Shakesperiano.

Aggiungo, che più volte l'Autrice cita l'opera di Sir Walter Scott, essendo nel romanzo il libro letto dal protagonista maschile, in un momento di grande difficoltà emotiva perchè isolato dal mondo dentro la casa di Eel Marsh, preda delle proprie emozioni che vacillano in un luogo infestato dal soprannaturale. La lettura, in quel contesto, di colui che è considerato il padre fondatore del romanzo storico, e del trapasso proprio dal Romanticismo al Vittoriano non è casuale.

Del resto, e' al periodo vittoriano che rimandiamo lo studio meticoloso del dettaglio che in questo romanzo è certamente presente. Mentre al romanticismo del rinascimento, riconosciamo la forzatura massimalista dei rafforzativi impersonali. Anch'essa presente.

Inoltre, la prima ondata stilistica del periodo Vittoriano era dichiaratamente d'ispirazione gotica.

L'Autrice è sbalorditivamente brava e stupefacente quando è riuscita a definire quell'annullamento filosofico che legittima l'inconsistenza della materia scientifica, rendendo possibile il fantastico. Ed e' la plausibilità di fondo, unita con la creatività empirica ragionata, che dona alle pagine la possanza in grado di appassionare il lettore e come tale di coinvolgerlo.





The woman in black” e' un testo completo. Dal punto di vista argomentativo eccelso, sublime per le descrizioni, affascinante ed introspettivo. Sicuramente imperdibile per gli appassionati delle storie del brivido. Ambientazioni da urlo, personaggi concepiti ed organizzati in maniera straordinariamente realistica e amabilmente contemporanei, in quell'eternità che solo gli scrittori di altissimo pregio riescono a reclamare. Imperdibile.

                                                            Marco Solferini

Il caso Collini

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Il caso Collini

Autore: Ferdinand Von Schirach.
Genere: drammatico, storico, processo penale.




Il giovane Avvocato Caspar Leinen, è iscritto nelle liste delle difese d'ufficio del Tribunale penale di Berlino. Riceve pertanto, una chiamata per assistere un cliente, reo di aver commesso un efferato omicidio.

Fabrizio Maria Collini, fingendosi un giornalista, è stato ricevuto dal ricco ed anziano industriale Hans Meyer in una camera d'albergo, dove prima lo ha ucciso, poi si è accanito sul suo corpo, prendendo a calci la faccia, finché addirittura il tacco della scarpa non si è staccato.

Dopodiché, l'assassino ha atteso l'arrivo della polizia, cui si è consegnato, nella sala d'attesa dell'albergo.

Un caso apparentemente perso in partenza per l'Avvocato difensore, anche perchè l'omicida non cerca di negare i fatti. Un principio chiaro di colpevolezza per omicidio volontario aggravato.

Il movente però resta un mistero.

Dietro a quell'uomo incensurato, c'è una vita condotta in modo irreprensibile ed un passato che emerge nella sua terribile ed irrituale pienezza.

Solamente nel corso del processo, grazie alla caparbia volontà indagatrice del suo difensore, che profonde la tecnica del novizio nell'accuratezza della metodologia emergerà un altra storia.

Un passato che affonda le sue radici nel nazionalsocialismo, di cui Hans Mayer è stato ufficiale comandante, in Italia, dove un atroce fatto di sangue si è consumato. E la vendetta non conosce i confini del tempo.

Ma le circostanze rivelano anche un altra verità, che appartiene solo all'Avvocato Leinen, perchè quello stesso uomo ucciso è stato per lui, negli anni dell'adolescenza, come un padre, insieme come il compagno dell'estate Philipp e la nipote Johanna.

Riuscirà il giovane Avvocato a patrocinare al meglio, consapevole di questa verità?

Quale soluzione impone la legge e quale appartiene all'uomo?

Sullo sfondo di questo dilemma, il processo si allarga, quando la parte civile, si costituisce nominando uno dei più noti e celebri Avvocati del foro di Berlino, un anziano quanto esperto principe del Foro, che si troverà a dover argomentare sulla storia stessa del diritto penale tedesco.

Perchè, nelle more di questo processo, emergerà una verità sconvolgente, che rivelerà il perchè di un enorme numero di prescrizioni di cui, sul finire degli anni sessanta, beneficiarono i nazisti e coloro che erano definiti: “criminali da scrivania”.

Qual è il segreto dietro alle norme introduttive della legge Dreher del 1968, e cosa è custodito nell'archivio federale di Ludwigsburg?

L'Autore ci propone un testo di fruibile lettura.

Narrato con stile semplice ed immediato, in alcuni casi altamente visivo; forse tacciabile di un eccesso di meticolosità nel dettaglio.

Sensazioni che traggono una ragion d'essere dal particolareggiato scandire degli elementi, protagonisti di un logos eclettico, a momenti riflessivo e metabolizzato in una tensione argomentativa fatta di accelerazioni ed improvvise frenate.

Il lettore si abituerà, tuttavia, a questa metodologia e non ne risentirà, complice il fatto che il romanzo è relativamente breve; all'opposto, fosse stato più corposo, probabilmente tale stile avrebbe potuto annoiare i meno interessati alle procedure penali.

Infatti, un ottima parte della narrazione è riservata all'esplicazione del codice di procedura penale tedesco, dalle documentazioni burocratiche finanche alla tempistica. Squisitamente semplificato, rappresenta un interessante spunto conoscitivo anche per i non addetti ai lavori.

La storia in sé è, per 4/5 oggettivamente già ampiamente percorsa da numerosissimi filoni narrativi, ricalcando un format noto, qual'è quello dell'ex criminale nazista chiamato a subire una vendetta privata, molti anni dopo rispetto alla fine della guerra.

Però, ed in ciò annida la genialità di fondo, nell'ultima parte del romanzo, l'Autore ci regala un altra prospettiva, rivelando in un dibattimento pubblico del Tribunale, una verità diversa.

Un vero e proprio “coup de théatre”, che trasforma e trasmuta tutta la narrazione, inquadrandola sotto un altra luce.

Ottimamente scandito da dialoghi incalzanti e sapientemente organizzati, la vittima diventa carnefice e sul banco degli imputati, sale il codice penale tedesco.

L'interrogativo di fondo che nasce ed è brutale, va oltre qualunque genere di accettazione civile.

Se cioé durante il periodo di guerra, al di là delle parti in causa, esista o meno una procedura internazionale che in “diritto” consenta la ritorsione per l'uccisione di soldati nella guerriglia, attraverso il massacro di civili, nel c.d. rapporto di 1 a 10.

La risposta lascerà atterrito il lettore e lo appassionerà immensamente quando si tratterà di dare una risposta al perchè i c.d. “criminali da scrivania” coloro che cioè hanno obbedito agli ordini, spesso non essendo nemmeno scesi sul campo, limitandosi ad essere stati passacarte e signori dei numeri, siano stati, insieme con moltissimi sotto ufficiali nazionalsocialisti, assolti per prescrizione, dal reato di complicità in omicidio volontario aggravato.

La più grande difesa che la storia ha tramandato, operata dagli ex. fautori della macchina di morte nazista, ma non solo, è stata quella di “avere obbedito agli ordini”.

L'Autore ci rivela che tale difesa non solo ha funzionato, ma è stata legittimata da una legge anonima, a firma di uno dei più grandi penalisti, celebrato nei libri di testo delle Università e persino in altre nazioni osannato.

Un semplice articolo nelle norme introduttive della legge Dreher, che ha modificato, nel silenzio di un sistema giuridico, l'art. 50 del codice penale tedesco e, nel 1968, ha provocato la più grande serie di assoluzioni che la storia della legge europea conosca.

Un testo per riflettere, altamente consigliato ad un orda di Professori e Dottorandi che oggi in Italia celebrano il diritto tedesco, spesso suggerendone il paragone con quello Italiano, e che glorificano i grandi nomi della sua dottrina, uno di quali è proprio Dreher, il cui commentario penale è uno dei testi più studiati.

Sappiano costoro, che dovrebbero riflettere sul fatto che alla luce di questa impostazione che tanto gli piace, i nostri morti, i civili massacrati dai nazisti non solo alle celebri fosse ardeatine, ma in moltissime altre zone d'Italia, fra cui, per citarne una vicina a Bologna, Marzabotto, sono stati assolti.





Il caso Collini” è un romanzo molto ben organizzato: snello, dinamico e ottimamente esposto nei dialoghi; un caso di coscienza per l'uomo, di verità per il mondo del diritto e di pietà per le vittime civili del nazionalsocialismo. Chiude l'opera, un finale eccezionale, coinvolgente e spettacolare, nella piena tradizione del magistrale “coup de théatre”. Consigliato ai lettori di tutte le età, sopratutto agli studiosi di Giurisprudenza di ogni professione.

                                                       Marco Solferini


giovedì 8 marzo 2012

Storia di un oblio

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Storia di un oblio

Autore: Laurent Mauvignier.
Genere: attualità, drammatico.




Un uomo entra in un supermercato. Prende una birra in lattina, la apre e la beve. Ripone la lattina sullo scaffale. I vigilantes lo raggiungono e lo circondano. Lo portano via. Lontano dal supermercato e dal magazzino. In un vicolo cieco. Contro un muro. Senza via di scampo. Un posto dove potergli dare una lezione, dove nessuno lo avrebbe sentito urlare. E nemmeno.. morire.

Perchè quell'uomo senza, nome muore in conseguenza del pestaggio. Lasciando i suoi aggressori in piedi, davanti al misfatto compiuto. Attoniti, come il giocattolo si fosse improvvisamente rotto.

L'Autore, narra un episodio di cronaca in un lungo, ininterrotto pensiero. Nessun punto. Solo una dissertazione che comincia dai fatti e passa attraverso l'escalation tipica della cronaca.

Il procuratore che inquisisce i colpevoli. Il fratello della vittima chiamato a riconoscerla. Le famiglie degli assassini che vedono stravolta la loro quotidianità.

Più in generale, una morte, che come una freccia di cupido attraversa l'anima e la vita di numerose persone. Cambiandole completamente, aprendo la finestra su di un inferno parallelo, fatto di colpe innominate ed insospettabili colpevoli.

Si apre un sipario, su di uno show nostalgico e languido di parole, smarritesi nel tempo, perchè questa è la storia di uno sconosciuto ucciso per un motivo futile, del tutto irrisorio.

L'interrogativo di fondo: può una vita essere spezzata e così brutalmente interrotta, come un treno che improvvisamente, privato dei binari, deraglia nel nulla?

Che sapore ha una simile tragedia?

Quello sconosciuto, è colpevole solo di indossare gli abiti sbagliati, tale per cui era dichiaratamente un appartenente a quella classe di invisibili, così indesiderabili da diventare qualcuno solo nel momento del bisogno, quando cioè la società civile (ri)scopre se stessa, rifiutando il calore umano.

Un modo come un altro per uccidere la pietà, schiacciandola fra il martello della superficialità e l'incudine dell'indifferenza.

Nel mezzo, solo tanto dolore.

Urlato, ma senza parole. Strillato, senza fiato.

Un dolore assassino, passionale come l'amore. Perchè quello stesso reietto è un uomo e ha conosciuto le stesse emozioni dei suoi carnefici. E' stato amato, odiato, ha provato soddisfazione, speranza, ha riso e ha pianto. Ha sentito il cuore spostarsi dal petto e finire in gola, quando ha dato il primo bacio.

E ora giace, nel sonno eterno e senza risveglio. In mezzo alla sporcizia del proprio sangue. Oltre il dolore delle tumefazioni e delle ossa rotte. Una fine così piccola da essere immensa.

Mentre la società, che già lo aveva condannato a morte, giorno dopo giorno, con il disprezzo dell'ignoranza, cerca un colpevole e persegue gli autori materiali del fatto.

L'Autore decanta un episodio di cronaca, alternando la dialettica cruda della narrazione, quasi giornalistica, con riflessioni, in parte oggettive e in altra misura soggettive. Lasciando che siano i punti di vista e quelle irritualità tipiche dei luoghi comuni, a prendere il sopravvento.

Perchè stavolta, giudice e giuria sono i lettori.

Il risultato è un meticoloso “j'accuse” ai crismi della civiltà moderna, la cui natura brutale si addormenta nei sogni delle persone c.d. normali.





Storia di un oblio” è l'intenso affresco di un omicidio brutale quanto futile. L'immotivata narrazione del lato codardo della civiltà, plagiata dalla superficialità e schiavizzata dall'ignorante indifferenza.

                                                           Marco Solferini

domenica 4 marzo 2012

Io non sono un serial killer

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Io non sono un serial killer

Autore: Dan Wells
Genere: thriller.




John Wayne Cleaver, ha 12 anni e vive a Clayton una piccola cittadina americana.

La sua vita è tormentata da un carattere asociale, ed una passione molto atipica, per un ragazzo della sua età: quella per i serial killer.

Un interesse così inteso, da somigliare ad un ossessione, tale per cui in Famiglia, dove madre e zia gestiscono l'obitorio della città, decidono di mandarlo da uno psicanalista, il Dott. Neblin.

Il suo carattere schivo tuttavia, lo porta ad un introspezione riflessiva sul suo lato comportamentale più oscuro, a tal punto, che egli stesso comprende di possedere tutte quelle pulsioni che normalmente danno origine ad un serial killer.

Decide quindi, di rinchiudere il mostro dietro ad un muro che lui stesso erige, nella propria personalità. Dandosi delle regole che dovrebbero servire per allontanarlo, impedirgli di emergere.

John combatte una silenziosa battaglia con il suo Io assassino, nella consapevolezza che se dovesse perdere questa guerra, si trasformerebbe in uno di quei pluriomicida che tanto lo affascinano.

Il problema è che a Clayton la gente comincia a morire.

In modo brutale: sventrata vita. Spesso con asportazione di organi, mentre sul luogo degli omicidi compaiono tracce di una sostanza sconosciuta ed impossibile da identificare.

Un mistero omicidiario che getta la città nella paura, quando persino il telecronista dell'emittente inviato per seguire il caso, viene brutalmente assassinato e polizia ed FBI sembrano brancolare nel buio.

Solo John, la cui mente è preparata a conoscere ed identificare il comportamento di un serial killer, riesce a comprendere ciò che sta accadendo, ma la sua scoperta più devastante sarà l'identità dell'assassino. Un mostro sovrumano, apparentemente impossibile da sconfiggere, tanto quanto da accettare nella logica del raziocinio.

Comincia quindi una caccia spietata e psicologicamente orientata a trovare i punti deboli e le abitudini del mostro, laddove ben presto però, per fermarlo John sarà costretto a rinunciare alle sue di regole, abbattendo il muro dietro al quale si nasconde la sua personale forma mentis assassina.

Quali saranno le conseguenze nella vita privata?

Riuscirà il giovanissimo cacciatore di serial killer a sopravvivere al mostro che sta fuori e a quello che ha dentro?

Romanzo intelligentissimo e di assoluta pregiata fattura.

Una storia deliziosamente ambientata, concepita con uno stile dinamico ed intenso.

Il personaggio protagonista ricorda molto la cinematografia americana, da Spielberg al telefilm Dexter: c'è un connubio di struttura e sostanza, dalle singole “location” della tipica cittadina americana, isolata dal Mondo e riconcepita come un “unicum”, dove si svolge un azione a tratti fantascientifica.

Il tema espositivo è particolarmente visivo, e ricorda la sobrietà stilistica ed introspettiva dei fumetti. Specialmente la opere della casa editrice Vertigo, per la maturità dei temi trattati, trasportati in una sinteticità didattica lineare e di facile percezione.

John, è l'epicentro di un mondo visivo e irrazionale. Un immagine atipica, che l'Autore, esordiente, è bravissimo a trasmutare, con le parole, in uno scenario, semplice pur nella sua complessità.

Audace e ambizioso, il risultato, uso popolo per il lettore, è magistralmente ben concepito.

Dalla lettura di questo romanzo potremo trarre due conseguenze.

La prima è un avventura, appassionante e coinvolgente, che ci spingerà a divorare pagina, dopo pagina, un sicuro successo letterario.

La seconda è una dissertazione, armonica e profonda, su temi sociologici tipici della psicanalisi. In particolare, l'evoluzione della personalità, l'iterazione con l'Io ed una coscienza di Zeno che in questo caso, diventa in parte Pirandelliana e in altra misura eclettica. Figlia di una filosofia esistenziale e di una scienza comportamentale che sembrano trovare i propri limiti, nelle stesse risposte che offrono.

Stupendi i confronti verbali fra il bambino e lo psicologo.

Il dualismo, fra ciò che la società vede e quel che l'Io della personalità concepisce di se stessi, rappresenta l'alternanza caratteriale cui tutti gli adolescenti sentono di appartenere e dalla quale rifuggono.

Se anche non ci sentissimo possibili serial killer, tutti noi abbiamo conosciuto l'estraneità della confusione emotiva, e la ricerca di un accettazione quasi impossibile, laddove ci siamo auto convinti di essere sbagliati, a tal punto da crearci un universo parallelo, una realtà fatta di sicurezze che possono essere accettate dal di fuori. E' così che nasce il sentimento dell'apparenza.

John reagisce, accettando la sua natura e diventando un antieroe.





Io non sono un serial killer” è un romanzo appassionante, un thriller a tinte forti, intenso e coinvolgente. Straordinariamente originale nella sua narrazione, si presenta con uno stile pulito e di facile comprensione, che travolgerà il lettore dalla prima all'ultima pagina.

                                                              Marco Solferini