martedì 27 dicembre 2011

I figli di Hurin

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I Figli di Hurin

“I Figli di Hurin” è un romanzo di J.R.R. Tolkien.

Nella firma, c’è tutto ciò che è stato detto e scritto su un Autore ormai mito e leggenda del genere Fantasy.

Straordinario cultore e studioso di letteratura, vero pozzo di scienza pensante, questo Maestro indiscusso ha creato un Mondo, la Terra di Mezzo, e narrato dell’uomo, del destino e del mistero che ci lega al fato.

I Figli di Hurin si colloca prima delle vicende de Lo Hobbit e del Signore degli Anelli: questa è un epoca oscura, in cui le forze del male vincono.

E’ il tempo della “Nirnaeth Arnoediad” la battaglia delle innumerevoli lacrime, in cui uomini, elfi e nani, cedono innanzi al potere di Melkor originariamente il più potente degli Ainur, in seguito meglio conosciuto come Morgoth.

Nei romanzi di Tolkien c’è sempre una grande metafora dell’animo umano.

Questo gigante del XX° secolo ha osservato il Mondo con gli occhi di chi riesce a mettere in prosa i concetti, prima ancora che si svolgano le situazioni.

Egli parla della vita, dei grandi temi quali l’amore, la perdita, la rabbia,lo sconforto e per ciascuno di essi dipinge un affresco di parole, esaltate da queste storie bellissime, coinvolgenti, ricche di completezza, nello stile quanto nell’elaborazione.

Noi tutti siamo stati, almeno una volta, Turin, figlio di Hurin e protagonista della sua battaglia con la vita.

Nelle sue scelte, nel compatimento, nella caparbietà e infine, nella grande tragedia che aleggia imperturbabile, come se il fato stesso l’avesse voluta, in tutto questo c’è una parte della vita di ognuno di noi.

E’ l’insegnamento che dobbiamo imparare.

La grande via che ognuno si aspetta, è una matrigna che sa essere spietata, subdola, a volte arrogante nella sua onnipresenza.
Eccoci quindi, penitenti, come fuscelli che si credono tronchi inammovibili. Le nostre scelte, il condizionamento che usurpiamo al destino, nell’iraconda illusione di poter condizionare gli eventi, oggi, qui, in questo dramma letterario, si scoprono solo debolezze.

Tolkien è spietato, arricchisce tanto quanto è capace a svuotare di ogni sentimento e alla fine egli omaggia il grande Shakespeare, nel finale di questa narrazione.

Leggerlo è un atto di coraggio, ritrovarlo dopo anni è un gesto di sapienza, di penitenza, ma anche di glorificazione interiore, perchè la saga che noi tutti conosciamo ed è rimasta impressa nelle menti è sempre lì: eterna, capace come non mai di assimilarsi alla nostra realtà.

Lo scrittore che non muore mai.

La Terra di Mezzo, i suoi drammi, la sua geografia, i popoli, il valore del guerriero, la fallacità del potere, la magia e la supremazia della volontà sono i temi che rendono forte ogni pagina.

“I Figli di Hurin”, come qualunque romanzo di Tolkien, merita di essere stretto fra le dita perchè questa è l’epica del Fantasy.

Marco Solferini

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