I Figli di Hurin
“I Figli di Hurin” è un romanzo di J.R.R.
Tolkien.
Nella firma, c’è tutto ciò che è stato detto e scritto su
un Autore ormai mito e leggenda del genere Fantasy.
Straordinario cultore e studioso di letteratura, vero pozzo
di scienza pensante, questo Maestro indiscusso ha creato un Mondo, la Terra di
Mezzo, e narrato dell’uomo, del destino e del mistero che ci lega al
fato.
I Figli di Hurin si colloca prima delle vicende de Lo
Hobbit e del Signore degli Anelli: questa è un epoca oscura, in cui le forze del
male vincono.
E’ il tempo della “Nirnaeth Arnoediad” la battaglia delle
innumerevoli lacrime, in cui uomini, elfi e nani, cedono innanzi al potere di
Melkor originariamente il più potente degli Ainur, in seguito meglio conosciuto
come Morgoth.
Nei romanzi di Tolkien c’è sempre una grande metafora
dell’animo umano.
Questo gigante del XX° secolo ha osservato il Mondo con gli
occhi di chi riesce a mettere in prosa i concetti, prima ancora che si svolgano
le situazioni.
Egli parla della vita, dei grandi temi quali l’amore, la
perdita, la rabbia,lo sconforto e per ciascuno di essi dipinge un affresco di
parole, esaltate da queste storie bellissime, coinvolgenti, ricche di
completezza, nello stile quanto nell’elaborazione.
Noi tutti siamo stati, almeno una volta, Turin, figlio di
Hurin e protagonista della sua battaglia con la vita.
Nelle sue scelte, nel compatimento, nella caparbietà e
infine, nella grande tragedia che aleggia imperturbabile, come se il fato stesso
l’avesse voluta, in tutto questo c’è una parte della vita di ognuno di
noi.
E’ l’insegnamento che dobbiamo imparare.
La grande via che ognuno si aspetta, è una matrigna che sa
essere spietata, subdola, a volte arrogante nella sua
onnipresenza.
Eccoci quindi, penitenti, come fuscelli che si credono
tronchi inammovibili. Le nostre scelte, il condizionamento che usurpiamo al
destino, nell’iraconda illusione di poter condizionare gli eventi, oggi, qui, in
questo dramma letterario, si scoprono solo debolezze.
Tolkien è spietato, arricchisce tanto quanto è capace a
svuotare di ogni sentimento e alla fine egli omaggia il grande Shakespeare, nel
finale di questa narrazione.
Leggerlo è un atto di coraggio, ritrovarlo dopo anni è un
gesto di sapienza, di penitenza, ma anche di glorificazione interiore, perchè la
saga che noi tutti conosciamo ed è rimasta impressa nelle menti è sempre lì:
eterna, capace come non mai di assimilarsi alla nostra
realtà.
Lo scrittore che non muore mai.
La Terra di Mezzo, i suoi drammi, la sua geografia, i
popoli, il valore del guerriero, la fallacità del potere, la magia e la
supremazia della volontà sono i temi che rendono forte ogni
pagina.
“I Figli di Hurin”, come qualunque romanzo di
Tolkien, merita di essere stretto fra le dita perchè questa è l’epica del
Fantasy.
Marco Solferini
Nessun commento:
Posta un commento