Diario di
scuola
Genere: Narrativa.
Autore: Daniel
Pennac.
Scrittore mitico.
Entrato nel Pantheon degli dei della
letteratura contemporanea.
Pennac, ritorna sui banchi della
scuola e narra di questo mondo da tutti così conosciuto e nel contempo ignoto.
Mette a nudo le sue incongruenze: la vacuità delle aspettative, che si sciupano
come i granelli di sabbia stretti nel pugno, il falso conformismo e perfino la
ragione, che cede il passo alla illogicità.
E non manca lo spazio per un omaggio,
una considerazione quasi estemporanea a quel tanto di pazzia irriverente che
permette alle persone di crescere, come se fossero libere.
Immaginiamoci che esista una scuola
dove gli individui non sono obbligati a capire e possano perfino avere qualche
idea, magari originale.
Ecco allora che Pennac diventa
geometra e architetto di una scuola che, se presa in giro, nelle sue lacune, non
è mai scartata o denigrata, anzi, per molti versi le osservazioni costrittive
sono un modo per andare oltre la scuola, ma senza mai prescindere dal suo ruolo
nella crescita di ogni individuo.
L’Autore usa l’intelligenza più
sublime per trovare parole che sono note di stile ed è il genio del violino
quando suona nelle frasi, che fuoriescono perfette.
Le sue riflessioni sono di una
bellezza greca, fra il mito e la virtude. Possiedono quello spessore che può
essere paragonato solo al primo bacio in quanto ad intensità.
Le aspettative, cosa sono se non i
fantasmi dell’epoca moderna, del consumismo che centralizza la persona,
imprigionandola, fra le mura invisibili delle città, denudandola della Fantasia.
Arrivando addirittura a mettere paura all’uomo, per ogni suo tallone d’Achille,
facendogli dimenticare quanto importante sia “vivere”.
Perché esiste un esperienza che può
essere ereditata solo dalla vita stessa.
E allora rieccoli: i geometrici banchi
della scuola, maestra di scienza, matematica, storia, ma non delle arti che
furono liberali.
Qui, lo scrittore risalta l’arroganza
del sapere ,quando esso si mischia alla superbia della rettitudine, all’eccesso
della sapienza che, oltre la saggezza, addormenta i sogni e genera
incubi.
L’umiltà della debolezza, la poesia
delle cose semplici e l’efficacia di un senso comune che spinge ben oltre le
Colonne d’Ercole, queste sono le grandi aspettative che il Sapere dovrebbe
coltivare nel fanciullo.
Scorrendo queste pagine meravigliose
troviamo pensieri che sono come le grandi canzoni, quelle che riescono ad aprire
una finestra nel tempo e fanno sì che le emozioni diventino
immortali.
E c’è l’abilità di uno scrittore che
pone interrogativi dal sapore pleonastico laddove ci fanno partecipi
dell’utopica ricerca di significati, quando il concetto di “esistenza” è in
realtà molto più grande dell’uomo.
C’è anche un sentimento di
compiutezza, un tacito assenso alla Natura dell’Evoluzione; noi, che dobbiamo
riconoscere un limite nella conoscenza che è la capacità di vivere per ciò che
siamo, liberandoci da quelle insulse regole che vorrebbero vederci sopravvissuti
invece che uomini liberi.
Il grande scrittore cita la legge del
cuore, del mito, di quel che resta dopo che il tempo è trascorso: ineffabile
baluardo di ogni lotta, ultimo avversario della grande guerra che termina con la
morte del corpo.
Pennac da una pagella alla distrazione
dei singoli burattinaia che gestiscono la scuola come se fosse il loro Feudo e
che è figlia della stupidità; apostrofa l’ignoranza dei dogmi quando non
ammettono il verbo. E lo fa con spirito ironico, perché l’ineluttabilità del
fato non può essere ingannata dal debole potere di convinzioni artificiose,
fatte per mescolare le carte al destino.
Ci sono dei limiti, che possono e
devono essere compresi, in mancanza: più le cose cambiano e più restano le
stesse.
Diciamo grazie a Pennac, al suo genio
e all’intuito coraggioso di questo Artista della letteratura.
“Diario di scuola” è un testo epico,
da leggere ogni volta che le difficoltà sembrano impossibili da affrontare
perché fornisce risposte nascoste in noi stessi. Libera l’animo e sorride alla
verità, quella per cui vale la pena annotare certe frasi nel diario
dell’adolescenza. E’ la prima e l’ultima lezione della vita.
Marco Solferini
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